«Chi c’è dietro ai disordini che stanno mettendo a ferro e a fuoco l’Inghilterra? Due nemici pericolosissimi: il libertarianismo di sinistra, che ha distrutto i legami sociali e familiari, e il liberismo di destra, che ha tagliato fuori dal benessere la massa dei lavoratori». Lo spiega Phillip Blond, pensatore politico e teologo anglicano, molto vicino al premier inglese David Cameron, all’indomani delle proteste nel corso delle quali è morto un 26enne inglese. Per Blond, «chi protesta non lo fa perché ha un programma politico. Sono solo bande organizzate di ladri e rapinatori, cresciuti nella mentalità per cui ogni desiderio è un diritto, lo Stato è l’unico a poter garantire il benessere e il multiculturalismo è un dogma».



Blond, quali sono le ragioni dietro alle rivolte in Inghilterra?

La causa dei disordini è essenzialmente il liberismo nella forma del libertarianismo, sia di destra sia di sinistra. Il primo in ordine di tempo è stato quello di sinistra e ha riguardato essenzialmente le relazioni umane. Ha dissolto la famiglia allargata, ripudiato la famiglia naturale e separato i figli dai genitori. E così lo Stato è diventato il principale guardiano dei rapporti tra le persone. E il risultato è stato quello di creare un’intera classe basata solo su diritti a senso unico, piuttosto che sulla mutualità e sulla responsabilità. Questa idea si è sviluppata prescindendo da qualsiasi altro principio, portando a un mondo privatizzato dove qualsiasi cosa si desideri, è per ciò stesso qualcosa che si dovrebbe avere.



E in che modo ha contagiato la destra?

Più tardi, questo ha portato a un libertarianismo di destra producendo una forma di neo-liberismo che aiuta solo chi si trova ai vertici della società, mentre sempre più spesso i salariati e i comuni lavoratori sono esclusi da prosperità, benessere e progresso. E così abbiamo creato una nuova generazione di servi, che per mantenere i suoi standard di vita deve rivolgersi allo Stato che è l’unico che può garantirgli un welfare da classe media. Impedendo alle persone di percorrere le strade della proprietà e dell’opportunità, abbiamo così creato un mondo dove il libero mercato produce solo monopoli e oligopoli.



Tony Travers della London School of Economics ha dichiarato che la Big Society sta bruciando nei falò dei ghetti. Le che cosa ne pensa?

La Big Society non è ancora decollata, e molte delle leggi che la riguardano non sono ancora passate dal Parlamento. Quello che abbiamo visto nelle città britanniche è ciò che Cameron chiama la «broken society», cioè la «società guasta». E la risposta a questo problema può essere solo la Big Society. Quanto sta avvenendo rende quindi la Big Society più che mai importante e vitale per iniziare a risolvere il problema nel modo giusto, perché altrimenti non otterremo alcuna risposta da questa società.

 

Ma qual è il motivo per cui Cameron non è stato in grado di fermare i disordini?

 

Quello che abbiamo visto in Inghilterra non è la conseguenza dell’attuale governo, bensì degli ultimi 18-20 anni, e c’è stata una sorta di cospirazione tra destra e sinistra perché ciò avvenisse. Non credo che Cameron potesse fare alcunché per fermare gli scontri, il punto è che tutto questo è avvenuto e non erano manifestazioni di protesta, ma saccheggi organizzati. Sono bande criminali di basso livello, che stanno utilizzando le nuove tecnologie per accumulare denaro e rubare. C’è un problema di sicurezza nazionale e lo dobbiamo affrontare con severità.

 

La Big Society dà molta importanza ai quartieri. Questo rischia di aumentare la frammentazione delle città in ghetti?

 

Concordo sul fatto che i quartieri siano la chiave di volta della Big Society. Ma è stato il multiculturalismo a produrre uno sviluppo di ciascun quartiere in modo separato dagli altri, per l’idea che le comunità potessero avere vita propria indipendentemente dalla società. Quanto sta avvenendo oggi è proprio la conseguenza di questa idea. Abbiamo una fantastica comunità di ladri e rapinatori, che si sta sviluppando separatamente dal resto della società. Questo è per l’appunto un approccio multiculturale, e ce lo abbiamo tutti davanti agli occhi. Al contrario, abbiamo bisogno di quartieri dove ciascuno sia impegnato, dove tutti possano creare nuove regole e nuovi standard comuni che ciascuno senta come proprio.

 

I disordini sono stati influenzati dalla paura dei tagli alla spesa annunciati da Cameron?

No, non hanno nulla a che fare con tutto ciò. La maggior parte delle persone che protesta ha una consapevolezza della politica molto marginale. Sono il prodotto di una cultura dei diritti e della libera scelta senza valori né basi. I disordini quindi non hanno assolutamente nulla a che fare con la politica.

 

In Italia esistono molti corpi sociali intermedi, la cui origine è legata alla Chiesa cattolica. Ritiene che la loro mancanza possa essere una delle cause dei disordini in Inghilterra?

 

Sì, penso che quando si perdono i gruppi intermedi si perdano anche le comunità e i rapporti, producendo una società frammentata e uno Stato forte e centralizzato. E’ fondamentale quindi che la Chiesa anglicana si muova sul territorio creando associazioni sul modello di quelle cattoliche presenti in Italia. Abbiamo molto da imparare dal ruolo della Chiesa in Italia.

 

Oggi che l’«Impero Britannico» è in crisi, che ne sarà del modello inglese di integrazione?

 

In primo luogo, la Gran Bretagna rimane una cultura mondiale di importanza e di influenza globale. Le nostre leggi, le nostre università, le nostre istituzioni e in particolare il nostro Parlamento, con la sua costituzione mista, hanno rilevanza e risonanza globale. La Gran Bretagna quindi, attraverso un nuovo rapporto con l’Europa, può tornare ad avere una sfera globale d’influenza. Per quanto riguarda gli immigrati, il problema è che il liberalismo e il multiculturalismo ci hanno negato l’accesso alla nostra storia. Quella britannica non è mai stata un’identità razziale, né basata sul “sangue” né tantomeno etnica, ma semplicemente un’identità civile. In un certo senso, proprio per questo motivo, la Gran Bretagna è l’erede europea di Roma. Ecco perché, in termini di razza, vanta dei buoni primati: tra questi il più alto grado di integrazione, che però è stato bloccato dal multiculturalismo. Quello che dobbiamo fare è creare una nuova identità e costruire valori condivisi e convinzioni in un recupero dell’identità britannica.

 

In parte il problema è anche il ruolo pubblico in difficoltà della Chiesa Anglicana?

Penso che questo sia uno dei motivi: le Chiese hanno bisogno di assumere un ruolo pubblico molto più forte. Mi sto impegnando perché ciò accada, la gente è d’accordo, ma questi sviluppi richiedono tempo. Tuttavia, sono certo che accadrà.

 

In che modo la Big society può rispondere a problemi come la crisi economica, il multiculturalismo e l’immigrazione?

 

La Big Society è il “format” per affrontare tutto ciò. Per l’integrazione abbiamo bisogno di un nuovo forte senso dell’identità e dei valori britannici. In economia, abbiamo bisogno di uno sviluppo ancora più a misura delle comunità locali e di imparare di nuovo da quello che gli italiani hanno fatto in Lombardia. Abbiamo bisogno di creare una rete completamente nuova di piccole e medie imprese e penso che possiamo iniziare ad affrontare quello che non ha funzionato.

 

C’è una parte della società inglese che ha risposto in modo positivo anche durante i disordini?

 

Sì, basta guardare al numero di persone che sono uscite per pulire i loro quartieri, centinaia di migliaia di persone in una risposta di massa della Big Society. È stato meraviglioso … Stiamo iniziando a vedere il risveglio dello spirito comunitario perché la comunità è stato tenuta in ostaggio da un piccolissimo gruppo di violenti. Ora le comunità si renderanno conto che l’individualismo non basta e che le persone singole non possono difendere nessuno.

 

(Pietro Vernizzi)