Lavora al reparto di neonatologia del Policlinico di Roma. E’ una infermiera che ha scoperto improvvisamente di essere ammalata di tubercolosi. La donna è stata sospesa dal lavoro e adesso si trova nella sua abitazione sotto trattamento medico. Ma la paura di un contagio. in un reparto così particolare come quello di neonatologia, ha portato immediatamente i responsabili a lanciare un controllo su almeno mille bambini, tutti quelli nati in periodo recente. Le autorità ospedaliere avvertono che  si tratta solo di un controllo precauzionale e che non dovrebbe esserci alcun pericolo, ma intanto i genitori di tutti i bambini nati nell’ospedale a partire dallo scorso marzo sono stati avvisati: i loro bambini verranno sottoposti a controlli specifici. E’ intervenuta infatti la Regione Lazio che ha subito predisposto una speciale commissione che seguirà il caso dei circa mille bambini, ricoverandoli e sottoponendoli a esami in struttura apposita. Il periodo delle nascite considerato a rischio copre quello compreso tra il mese di marzo e luglio. In tutto come detto circa mille bambini. La tubercolosi infatti ha un periodo di sviluppo di circa dodici settimane con sintomi molto specifici: febbre e tossi persistenti. La tosse è uno dei maggiori veicoli di contagio, dato che i bacilli della tubercolosi si trasmettono per via aerea. Sono previsti 25 controlli di bambini al giorno anche se la struttura ospedaliera assicura che l’infermiera in questione ha avuto con i piccoli contatti sporadici. Ma il problema però è più ampio: i bacilli della tubercolosi possono infatti dare anche vita a forme diverse di malattia, subdole o latenti: si potrebbero sviluppare cioè casi di meningite. Quello che lascia maggiormente perplessi di questa situazione è che un caso di tubercolosi, malattia peraltro relativamente poco diffusa nei paesi europei occidentali rispetto a quelli del terzo mondo, si possa sviluppare addirittura in ambiente ospedaliero. IlSussidiario.net ha chiesto delucidazioni al dottor Adriano Lazzarin, infettivologo presso l’Ospedale San Raffaele  di Milano. “Purtroppo non è assolutamente vero che un caso di tubercolosi possa  non svilupparsi in ambiente ospedaliero”ci ha detto il dottor Lazzarini. “La tubercolosi è poco percepita nella nostra società. E’ considerata una delle tre malattie della povertà insieme a malaria e Aids ma è sempre più vero anche per via della diffusione appunto dell’Aids che ha invaso il mondo occidentale che questa malattia è tornata a essere una presenza attiva. Sono due i fattori che hanno reintrodotto la tubercolosi nei paesi occidentali: l’immigrazione dai paesi poveri dove la malattia colpisce tutt’oggi milioni di persone, e le scarse condizioni igieniche e ambientali degli immigrati stessi che purtroppo come sappiamo vivono in situazioni che possiamo definire simili a quelle del secolo scorso nei nostri Paesi”. E l’ambiente ospedaliero? “Proprio per la concentrazione in ambiente ospedaliero di casi di persone affette da queste malattie, è possibile che in tali ambienti si sviluppino casi come quello dell’infermiera colpita da tubercolosi”. 



Come giudica questa situazione del Policlinico Gemelli? I bambini corrono rischi seri? “La notizia è davvero preoccupante, perché i bambini possono realmente aver contratto forme di tubercolosi”. La commissione medica istituita dalla Regione Lazio ha deciso di controllare tutti i bambini nati a partire dal mese di marzo: “Il periodo di incubazione della malattia è alquanto lungo. Quando una persona si contagia non manifesta subito i sintomi broncopolmonari, come succede ad esempio con l’influenza. Addirittura in alcuni casi si diventa portatori e quindi si contagiano le persone quando la malattia è nelle sue ultime fasi, quando cioè si sta guarendo. Bene hanno fatto dunque a mettere sotto controllo tutti i nati negli ultimi mesi”. Il Policlinico Gemelli dice che l’infermiera ha avuto sporadici contatti coi bimbi: “La tubercolosi si propaga esclusivamente per via aerea. Dunque se l’infermiera anche se solo per pochi secondi ha tossito o ha rilasciato gocce di saliva, può aver contagiato il bimbo. Un bambino che nasce invece da madre tubercolotica non prende la malattia. Il fatto è che essendo tutti i neonati privi di difese immunitarie, sono a rischio di contagio di qualunque forma virale. La situazione che è nata al Policlicnico è davvero seria e problematica”. Conclude il dottor Lazzarin: “Inoltre si possono sviluppare forme latenti che non hanno a che vedere con la tubercolosi. Le forme di sindromi polmonari nei bambini sono di due tipi: o immediatamente mortali, o sintomatiche. Cioè il bambino non mostra in questo secondo caso alcun sintomo ma al suo interno può aver sviluppato una forma virale. Ci si può non accorgere di nulla e invece il bimbo può aver sviluppato una forma successiva e più grave di malattia”.

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