Via libera della commissione Affari Costituzionali alla legge sul divieto di burqa e niqab. Il provvedimento verrà esaminato alla Camera in settembre. La parlamentare del Pdl, Souad Sbai, ha dichiarato la sua soddisfazione per l’approvazione del testo della proposta di legge che in Francia, Belgio e Azerbaijan è già realtà. Una battaglia che la deputata di origini marocchine ha intenzione di portare avanti. «Ce lo chiedono le donne segregate, umiliate e oppresse – ha aggiunto – , che ogni giorno aiutiamo a risorgere dal proprio triste destino».
«Burqa e niqab sono simboli identitari – spiega a IlSussidiario.net il sociologo delle religioni Salvatore Abbruzzese -, che servono ad autoidentificarsi con la propria “comunità primaria”. C’è però una differenza fondamentale tra questi simboli e, ad esempio, il fazzoletto di un boy scout o il saio di un frate cappuccino». Quale? «Indossare il fazzoletto dei boy scout significa far prevalere l’identità di scout su quella di cittadino, ma non vi è conflitto tra le due. Gli scout sono infatti una componente accettata della società. Dietro il burqa, invece, vi è un’esplicita dimensione protestataria e rivendicativa, c’è il disprezzo per la cultura occidentale. Stiamo parlando di simboli, in pratica, che, anche se ammessi, non ci condurranno mai all’integrazione, ma alla contrapposizione e al conflitto». Il tema della libertà della donna e quello relativo alle misure di sicurezza sono quindi da tenere in secondo piano? «A mio parere sì – prosegue Abbruzzese -. Il problema sostanziale è quello che ho appena illustrato, anche se la libertà e la sicurezza sono temi maggiormente avvertiti dai cittadini. Credo perciò che, in sede politica, verranno presi in considerazione per creare il consenso necessario a far passare la legge». Ma leggi simili in Belgio e Francia hanno portato a un innalzamento del livello della tensione?
«Direi di no. La Francia però ha una risorsa in più rispetto a noi: un’identità nazionale fortissima. La Repubblica Francese, infatti, è una specie di culto che permette di limitare il multiculturalismo. In Francia nessuna cultura altra può permettersi di imporre dei paletti e di posizionarsi al di fuori del perimetro della Repubblica. Per quanto riguarda noi, invece, siamo all’ennesimo appuntamento utile per capire chi siamo». Cosa intende dire? «Il “tremendo dramma” dell’immigrazione ha in sé un aspetto positivo. Può costringerci a uscire dall’antro in cui ci siamo rifugiati e a riscoprire la nostra identità e a ricostruirla. Sto parlando di una cultura, costituita di cattolicesimo e da tutte le altre culture che hanno fatto l’Italia. Se non faremo questo, lasceremo inevitabilmente la possibilità ad altri di monopolizzarci, con conseguenze difficilmente prevedibili».