Alex, chiamiamolo così, era in vacanza a Jesolo, in un residence con amici. Chissà cos’è saltato in mente, ad uno di loro, di fare quella scappata a Marghera, il 16 agosto, per acquistare roba da un tunisino spacciatore. Chissà se era un’abitudine, o la voglia di trasgressione di un’estate da bruciare. Con l’ero non ci si buca solo, si può fumare. Alex doveva stare a guardare, solo perché appena diciassettenne, e perdersi le sensazioni più grandi, sentirsi escluso dal giro? Fuma anche lui, ieri. E si addormenta. Solo che non dorme, muore, se ne accorgono i compagni nel tardo pomeriggio.
Hanno beccato lo sbandato delinquente che ha spacciato, per il tramite losco di bande cinesi. Importa, ma non tanto. Importa di più capire perché, a diciassette anni , si può  buttare la vita così, in un residence di bassa categoria su un  lido di movida, che dovrebbe bastare, dicono, alla vacanza di un ragazzo. Con degli amici così, bella gente davvero.
Viene in mente quella poesia di Rimbaud: Oh là là, che amori splendidi ho sognato, non si è così  seri quando si ha 17 anni e ci sono tigli in fiore sulla passeggiata…”. Tutt’altro, e infatti anche Rimbaud brucia la sua giovinezza, tra una pallottola, l’assenzio e la fuga in Africa, è un miracolo se è arrivato ai 40.
Allora, perché? L’abbiamo chiesto a  Silvio Cattarina, che da 21 anni guida la comunità “L’ Imprevisto”,  nel pesarese, che lui stesso ha fondato. Un’esistenza dedicata alla cura dei tossicodipendenti, si direbbe. Invece, dice lui, dedicata a seguire il desiderio grande del suo cuore, e a volere la stessa cosa per gli altri.  “L’Imprevisto”, con 60 ragazzi, oggi, nelle diverse case,  è il nome di un incontro che non ti aspetti, e ti salva. E’ la possibilità che cerchi e nessuno finora ti ha dato. E’ la guarigione, e uno sguardo nuovo su te e le cose.  Ci sono anche ragazzini di 17, 16 anni nella sua comunità. “Purtroppo sì,  c’è una forsennata rincorsa all’anticipazione dell’adolescenza. Prima cresco, prima brucio le tappe, divento forte. Qualsiasi cosa serve allo scopo va bene, anche l’eroina”.



L’ero era per quelli all’ultimo stadio, quando Silvio era giovane, e comunque costava parecchio. “Oggi si sono abbassati i prezzi, tutto è alla portata. L’eroina  da una parte è un miraggio, perché è considerata la più forte, la più pericolosa, quindi da osare. Dall’altra ha un effetto combinato, ti tiene su ma nello stesso tempo ti rilassa, ti seda l’ansia  e l’angoscia. Molti si riducono a usarla perché le altre non bastano più o hanno già fatto troppi danni”.
Come li aiuti, ragazzi così? “Li aiuti se trovi il modo di aiutare i loro genitori. Il problema educativo è essenziale. E li aiuti dicendo con forza che esiste il compimento del loro cuore, la possibilità di calmare il loro dolore. Anche quello può essere valorizzato, può servire. Perché sono tutti ragazzi che hanno sofferto molto”.
O semplicemente scherzano con  il fuoco, e sono vuoti, come dipingono i giovani gli opinionisti e gli esperti? “E’ un modo di noi adulti per giustificare le nostre mancanze. I giovani capiscono bene che drogarsi è una cosa pericolosa e grave. Ciò che li muove sempre è un profondo risentimento, una vendicatività. Non essendo stati incontrati da qualcosa di grande ci si arrabbia con tutto e con tutti. Se quel che desideri non trova un nome, una luce, una strada ci si arrabbia. Con se stessi e con la parte più vera e bella di noi, le persone più care, i nostri genitori. Perché nessuno ci ha detto che c’è chi ha preparato per noi un banchetto splendido”.
Cosa si può chiedere a questi ragazzi? Si può chiedere tanto, quando nessuno chiede più nulla, e anche loro sembrano diventati incapaci di chiedere?
“I ragazzi chiedono sempre. Dopo un po’ si stancano e chiedono attraverso i fatti, spesso veementi e dimostrativi. Pensiamo ai tentati suicidi. Bisogna chiedere loro tantissimo, anche a chi pare debole e distrutto dall’esperienza della droga, perché la risposta esiste. Il bisogno del cuore dell’uomo è così grande che o incontra una salvezza o è una vaga pena. Meglio andar via, conviene continuare la vita di prima, dico ai miei ragazzi. A meno che qualcuno salvi il passato, il presente e ci venga incontro con una bellezza infinita.”



La ribellione di tanti  è  una reazione alle promesse mancate? “La mentalità di tutti è che la vita sia la realizzazione delle nostre capacità.- E noi dobbiamo essere all’altezza, per essere dei fighi, come dicono i ragazzi. Se la vita è questo è una prigione assurda, diventa presto una tragedia. Conviene togliersi, e drogarsi è un suicidio procrastinato nel tempo, centellinato giorno dopo giorno”.
L’alternativa? “Siamo chiamati ad essere forti in un’unica cosa. Chiedere molto, aspirare a tanto. Avere un desiderio infinito che incontri chi può abbracciarlo. Tutte le altre cose verranno in forza di questo. I miei genitori mi dicevano: “Devi essere una persona con un grande cuore. E vedrai che il resto viene da solo”. E’ stato così.”
E’ la cosa più importante che Benedetto XVI chiede al milione e più di giovani che affolla la spianata dei Cuatro Vinetos, a Madrid.  Lui li conosce, ed è tra i pochi a parlare ancora di droga, tra i drammi più grandi e trascurati. Lui sa, come il suo predecessore, che la vita è la realizzazione dei sogni della giovinezza. E li invita a sognare in grande.

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