Luigi (Alois) del Liechtenstein, principe reggente del Paese, il 15 agosto, giorno dell’Assunzione della Vergine Maria e Festa nazionale ha fatto un importante annuncio al suo popolo. Nel mese di settembre si terrà un referendum per legalizzare l’aborto. Laddove dovesse passare, non esiterà a porre il veto sulla legge, come i suoi poteri gli consentono di fare. Benché formalmente il padre, Hans-Adam II, abbia mantenuto il titolo, nell’agosto del 2004 gli ha passato il potere di assumere le decisioni ordinarie di governo del principato. Alois, cattolico praticante, ha giustificato la scelta di bloccare la legge sottolineando, in particolare, la piaga degli aborti dei bambini disabili. In Inghilterra, nel frattempo, due infermiere cattoliche, per la prima volta, avvalendosi della legge sulla parità del 2010 – in genere interpretata dai giudici in senso restrittivo nei confronti delle minoranze religiose -, hanno ottenuto la possibilità dell’obiezione di coscienza per l’aborto. Non solo è stato consentito loro di non partecipare a pratiche abortistiche, ma anche di essere spostate dal reparto che effettua le interruzioni di gravidanza. Le due, si sarebbero sentite, in ogni caso, complici dell’uccisione di un feto se avessero dovuto continuare ad operare, all’interno della clinica in cui lavorano, nel centro per gli aborti. A consentire la vittoria, l’intervento dello studio legale Thomas More, specializzato in casi di discriminazione religiosa, in seguito al quale il direttore della clinica si è trovato costretto ad agire in questa direzione. Non è escluso che i due episodi possano valicare i confini nazionali, arrivando a «influenzare legislazioni europee di Stati limitrofi, dal momento che tutte le legislazioni nascono sempre da problemi sociali e legati a principi e valori condivisi dalla società», spiega Alberto Gambino raggiunto da ilSussidiario.net. «Si tratta – continua – di due esempi di come ci sia una rivisitazione sociale e culturale di certi problemi». In Inghilterra il caso assume un’accezione particolare: «nel Paese, infatti, la mentalità comune attribuisce alla giurisprudenza la facoltà di stabilire cosa sia giusto e sbagliato; certo, è legittimo osservare quanto stabilito dal legislatore, ma la legge si limita – o dovrebbe limitarsi – a codificare e interpretare i principi e le norme morali, non a stabilire quali lo siano».



Nel sistema britannico, inoltre, «vige il principio giurisprudenziale secondo il quale, spesso, si legifera, o si prendono decisioni in sede di giudizio, tenendo in considerazione precedenti legati a fatti concreti». Quanto accaduto, potrà sortire conseguenze anche per un altro motivo: «spesso, ormai, a livello europeo molte decisioni non scaturiscono più dai parlamenti o dai soiggetti deputati a fare leggi, ma dai giudici». C’è da aggiungere, infine, che la giurisprudenza inglese, spesso, viene tenuta in alta considerazione e presa come esempio dagli altri Paesi anglofoni – ma non solo – perché in anticipo, rispetto ai fenomeni sociali, su quella Europea. Anche i Paesi del Civil Law (quelli che seguono il modello di ordinamento giuridico che, di norma, si contrappone al common law, cui aderiscono, invece, i Paesi anglosassoni ndr) quando subentrano nuovi fenomeni sociali può capitare che si rifacciano alla giurisprudenza anglosassone». Non influenzerà i Paesi limitrofi a livello legislativo, ma ha egualmente grande importanza, il gesto del principe del Liechtenstein. «La sua testimonianza ha un elevato valore. Un uomo di stato, nel momento in cui rifiuta di apporre la firma ad un provvedimento che entrerebbe in conflitto con i propri valori, dovrebbe far riflettere anche gli altri legislatori.  Diventa esemplare nei confronti di tutti quei parlamentari che, probabilmente condividono gli stessi valori ma che non sempre hanno contribuito a fare buone leggi dal punto di vista della bioetica e della vita nascente». 



 

(Paolo Nessi)

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