Il mistero apparentemente senza fine di Yara Gambiraso, la povera tredicenne, scomparsa il 26 novembre 2010, sembra ormai appeso all’esito dell’autopsia che l’anatomopatologa Cristina Cattaneo sta conducendo sul cadavere ritrovato nella zona industriale di Chignolo di Isola. Il responso dell’esame è stato più volte rinviato, prima a maggio e poi a fine giugno: il terzo rinvio da poco concesso dal pubblico ministero Letizia Ruggeri farebbe pensare che i medici legali stiano brancolando nel buio. Ma le notizie pubblicate in esclusiva sul settimanale “Oggi” riaccendono le speranze.



Nuova traccia di dna Dalle indiscrezioni infatti sembrerebbe che l’analisi sul corpo della ragazza abbia rivelato la presenza di una macchia genetica nella zona pelvica. Si tratterebbe di sangue e non di liquido seminale, a conferma della voce, mai smentita dagli inquirenti, che nella triste vicenda della 13enne non ci sia stato alcun abuso sessuale ma solo violenza ceca e gratuita. Potrebbe quindi trattarsi di sangue  e ora gli esperti procederanno con la comparazione di questa traccia con quella già evidenziata sugli slip della ragazzina nella speranza di definire totalmente il dna dell’assassino. Un profilo genetico che sembrerebbe essere di ceppo caucasico (al 60 per cento lombardo e al 40 per cento slavo) e che per la procura risulterebbe “altamente indiziario”. Anche se da un primo confronto con gli oltre 4000 profili genetici raccolti a Brenbate di Sopra e dintorni, non ha prodotto alcun riscontro di rilievo.



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Possibili evoluzioni La scoperta, anche se confermata, da sola non basterebbe certo a fornire elementi decisivi per la risoluzione del caso ma sicuramente aggiungerebbe dettagli importanti all’indagine condotta dal pm Ruggeri e che dura da oltre cinque mesi.  A meno di ulteriori rinvii, tra circa dieci giorni la procura avrà a disposizione tutte le carte dell’autopsia che ci sia augura siano decisive a far ripartire il caso. Anche perché le dichiarazioni carpite da “Oggi” a qualche inquirente (“Non c’è niente: non c’è l’assassino, non c’è il movente, non si sa quando e come è stata portata nel campo, niente di niente “) mostrano uno scoramento e una rassegnazione che sa di resa: una resa che di fronte alla dignità e al dolore dei familiari di Yara non ci si può permettere.