Oggi, quando tutti gareggiano a improvvisarsi sacerdoti dell’economia e profeti del diritto, solertissimi nel censurare severamente ogni tentativo di sistemare i nostri conti pubblici; oggi, quando tutti si dimostrano prontissimi a sciorinare idee “geniali” per colpire qualcun altro che non sia il proprio, intoccabile, gruppo di interessi; oggi, quando assistiamo allibiti a tutto questo, si alza anche la voce di chi sostiene che la Chiesa dovrebbe fare la sua parte e contribuire a portare, oltre al peso della croce, anche quello dei tagli. Vengono quindi presi di mira l’agevolazione Ici (e la futura Imu) e l’8 per mille.



Quando il senso del bene comune sembra ormai divenuto una “merce” rarissima, non meraviglia che ritorni anche questa trita polemica, sbagliata sia sulle cifre che sulla sostanza.  Chi la alimenta sbaglia innanzitutto le cifre, in modo troppo grossolano per poter essere ritenuto in buona fede. Si è ad esempio sostenuto che l’esenzione Ici (e in futuro quella Imu) per gli enti ecclesiastici costerebbe addirittura un miliardo di euro. I dati del Ministero dell’Economia (che ho già evidenziato qualche tempo fa: si veda Ilsole24ore del 23 gennaio) dimostrano invece che quella agevolazione ha un costo non superiore ai 70 milioni di euro. Ma si sbaglia anche nel principio: quest’agevolazione ha un senso preciso, perché nella sua massima parte favorisce realtà che realizzano una pubblica utilità.



La mostra presentata al Meeting di Rimini sui 150 anni della nostra storia ha messo in evidenza qual è stato l’apporto delle formazioni sociali allo sviluppo del nostro Paese. L’accanimento sul principio per cui bisognerebbe negare uno straccio di agevolazione fiscale a un Don Bosco che tira fuori 150 mila ragazzi dalla strada, realizzando un beneficio (anche economico) per lo Stato ineguagliabile, ha qualcosa di troppo ideologico per essere seriamente considerato. E’ lo Stato che ha agevolato Don Bosco o non è piuttosto Don Bosco che ha davvero agevolato tutti, Stato compreso? Certo, si potrà dire che oggi di don Bosco se ne vedono pochi.Ma nessuno può, ad esempio, negare di poter incontrare, entrando in qualche ospedale religioso, un qualsiasi vecchio prete camilliano che ha speso la vita, silenziosamente, senza clamore e senza chiedere in cambio niente, al servizio dei malati.



Lo stesso Presidente Napolitano, nel suo intervento, ha legato la possibilità di ripartenza ad un impegno “che non può venire o essere promosso solo dallo Stato, ma che sia espresso dalle persone, dalle comunità locali, dai corpi intermedi, secondo quella concezione e logica di sussidiarietà […] che ha fatto, di una straordinaria diffusione di attività imprenditoriali e sociali e di risposte ai bisogni comuni costruite dal basso, un motore decisivo per la ricostruzione e il cambiamento del nostro Paese”.

E’ la nostra Costituzione che all’art.118 prevede espressamente il principio di sussidiarietà orizzontale, con l’obbligo di favorire i soggetti Non Profit. Forse bisognerebbe ricordarsi, facendo uno sforzo per essere un po’ meno provinciali, che idee moderne e riformiste come quella di Big Society proposta da Cameron, si fondano esattamente sulla valorizzazione di quelle realtà che da noi qualcuno vorrebbe colpire. Forse bisognerebbe anche sapere che negli Usa si sta verificando un Philantropic Big Bang, per il recente sviluppo del sistema Non Profit e per le clamorose proposte di alcuni miliardi americani di devolvere la maggior parte dei propri patrimoni a favore di opere sociali (l’iniziativa Giving Pledge). Sono dati che dovrebbero portare a una maggiore oggettività e serietà quando si affrontano certi temi.

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