Può l’Unione europea intervenire con sue politiche, corredate dai relativi finanziamenti, a porre rimedio a situazioni di povertà anche estrema presenti in diverse aree del suo territorio? Intorno a questa domanda, che riguarda le modalità di attuazione della politica agricola comunitaria, si sta sviluppando un ampio dibattito in sede europea e nell’ambito degli stati membri volto a fare chiarezza sull’estensione dei relativi interventi.
Il dibattito non può fermarsi alla pur comprensibile difesa delle prerogative statali in materia di assistenza sociale. La contingenza presente rende infatti necessario fare qualche passo avanti nelle logiche dell’azione europea, che non dovrebbe essere letta solo in termini di stretta competenza, quasi che si possa considerare la politica agricola solo in termini di produzione, senza estensioni rispetto – ad esempio – alla destinazione delle scorte alimentari, ma dovrebbe introdurre elementi di responsabilità e di coesione volti a creare condizioni di vita più eque per tutti cittadini europei.
Per entrare in merito al problema e individuare possibili soluzioni la presidenza polacca, su pressione dell’Italia, tramite il nostro Ministero delle Politiche agricole, e della Francia, ha indetto una discussione aperta e pubblica tra i rappresentati degli Stati membri in Consiglio che veda un confronto tra le diverse posizioni.
Dovrebbe essere possibile in tal modo mettere sul tappeto i diversi punti di vista fin qui sostenuti dagli Stati, che presentano notevoli differenziazioni: a coloro che considerano specifiche degli Stati le politiche assistenziali e sono contrari quindi a proseguire nel finanziamento dei piani contro la povertà alimentare si contrappongono coloro che ritengono invece essere di fondamentale importanza, in vista di una effettiva “cittadinanza europea”, dare sostegni concreti a chi in Europa versa in una situazione di estremo bisogno, anche se questo comporta un concetto ampio ed inclusivo di “politica agricola”.
In realtà, sposare questa seconda visione diventa sempre più urgente se non si vuole ricadere in una concezione solo burocratizzata del processo di integrazione europea, quello che spesso emerge dalla lettura di direttive e regolamenti che incidono su troppi aspetti di dettaglio del mondo produttivo, per accedere ad una logica di solidarietà sostanziale.
Non può più bastare enunciare programmi e principi nelle diverse Dichiarazioni formulate in sede europea ma occorre darvi concretezza, mostrando con specifici interventi che le istituzioni europee non pensano e agiscono lontane dai problemi ma sono in grado (e ne hanno la volontà) di entrare nel merito delle questioni. Del resto, questo è stato il contenuto del Programma europeo di aiuto alimentare ai poveri, che aveva funzionato egregiamente ma il cui rinnovo è stato ritenuto illegittimo dalla Corte di Giustizia nello scorso aprile; il che rischia di depotenziare tale programma di tutta la sua dimensione di aiuto sociale reale.
Ben venga dunque l’audizione che è stata programmata. Sarà importante che ad essa partecipino un numero di cittadini e associazioni europee il più ampio possibile.