«Il discorso di Papa Benedetto XVI al Parlamento tedesco ha il pregio di ripartire dal valore del diritto naturale, che è legato all’idea di ragione e al “sentimento profondo” dei popoli, ed è quindi qualcosa di più radicato rispetto alla legge come espressione della maggioranza del momento». Lo afferma Augusto Barbera, professore di Diritto costituzionale nell’Università di Bologna, intervistato da Ilsussidiario.net sull’intervento del Papa nel corso della sua visita in Germania.



Per Barbera l’idea di diritto del Papa non può essere disgiunta dalla sua concezione della libertà, che si esprime «attraverso la responsabilità e il rapporto con gli altri e che quindi, a differenza dell’autodeterminazione assoluta, è l’unica a non portare a un esito autodistruttivo». Per il Papa, «nelle questioni fondamentali del diritto, nelle quali è in gioco la dignità dell’uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta».



In uno Stato democratico, quali limiti è possibile porre al potere della maggioranza?

Negli Stati moderni, il principio di maggioranza incontra dei limiti nelle regole costituzionali fissate dalla Carta fondamentale, e che devono essere regole condivise da maggioranza e opposizione. Questo non toglie però che la tecnica decisionale basata sul principio di maggioranza è l’essenza stessa della democrazia. Questo è un valore imprescindibile, ed è indispensabile che la minoranza accetti la decisione della maggioranza. Ma d’altra parte è anche giusta una critica al principio di maggioranza, come quella formulata dal Papa, se questa significa che devono esserci alcuni valori condivisi, in nome dei quali è possibile opporsi alla stessa maggioranza del momento. E che questi valori devono essere espressi nella Costituzione.



Sempre Benedetto XVI afferma che per lo sviluppo del diritto e per lo sviluppo dell’umanità è stato decisivo che i teologi cristiani abbiano preso posizione contro il diritto religioso. Che cosa intende dire?

Ritengo che questa frase sia una valorizzazione del contributo dell’Illuminismo, che il Papa aveva già compiuto nel corso del suo dialogo con Habermas. In quell’occasione Ratzinger aveva affermato che l’Illuminismo è stato un passaggio importante per l’umanità e aveva rivendicato al pensiero cristiano anche quel seme che ha portato poi a questi risultati. Benedetto XVI ha ragione, perché è stato proprio il Cristianesimo che nel corso nei secoli ha separato la legge dal precetto religioso, a differenza di quanto invece avviene tuttora nell’Islam o nell’Ebraismo ortodosso. La ritengo una conquista importantissima. Non è un caso che a formularla in modo così netto sia appunto Ratzinger, il Papa che ha cambiato il rapporto della Chiesa con la tradizione illuministica e liberale. E che dunque ha valorizzato quei teologi cristiani in cui si incontrano i principi democratico-liberali e la dottrina cattolica, la cui sintesi ha poi trovato la sua massima espressione nella Dignitatis Humanae del Concilio Vaticano II.

Il Papa nel suo discorso rivendica l’importanza del diritto naturale …

Anche questo è un punto che ritengo molto importante. Nella posizione di Ratzinger, il diritto naturale diventa un complesso di principi che ispirano le leggi giuste, e non invece delle regole in grado di controllare tutti i singoli aspetti della vita. In Benedetto XVI il rispetto della vita, il valore della proprietà, il modo con cui si trattano i lavoratori non dipendono da una precettistica, ma da una ragione comune a tutti gli uomini e che in quanto tale è accessibile a ciascuno. Il Papa sottolinea così che il diritto naturale presuppone che natura e ragione si compenetrino tra di loro, in quanto la natura stessa è razionale. C’è un punto del suo dialogo con Habermas, in cui Benedetto XVI si spinge ancora più avanti arrivando a sostenere che un’evoluzione dell’umanità porta anche il diritto naturale a evolversi.

Sempre Ratzinger, afferma che “dove vige il dominio esclusivo della ragione positivista le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco”. Condivide questa critica?

Il Papa qui vuole affermare che al di sopra di ogni legge deve esserci il diritto. E questa distinzione implica una critica al positivismo classico, che invece considera la legge come la fonte suprema del diritto.

E qual è la differenza tra legge e diritto?

Il diritto è radicato nella ragione umana e nel sentimento profondo dei popoli. La legge al contrario può essere il frutto di una maggioranza che sbaglia. Questa affermazione non toglie valore alle conquiste della democrazia, ma sottolinea che esiste pur sempre un livello più radicato rispetto alle leggi che sono espressione della maggioranza.

Il Papa definisce la libertà come la conseguenza del fatto che l’uomo non si è creato da sé. Che cosa ne pensa di questa formulazione?

Per Benedetto XVI l’uomo è persona in quanto creato a immagine e somiglianza di Dio. In quanto tale, ha una dignità intrinseca di cui è portatore e che è l’essenza stessa della sua libertà. La Costituzione italiana si fonda precisamente sul principio formulato dal Papa. Anche se oggi alcune letture della nostra Carta fondamentale vanno nella direzione opposta, per affermare l’assoluta libertà di autodeterminazione della persona. Per alcuni la libertà della persona implica necessariamente il principio della disponibilità della vita e dell’autodisponibilità dell’uomo, cioè la facoltà da parte degli individui di disporre a piacimento del proprio essere.

Quale delle due interpretazioni è più adeguata al diritto naturale?

Ciò che distingue il diritto naturale è il fatto di essere conforme alla ragione umana. In questo senso la libertà non può essere letta che come responsabilità e autodeterminazione che si realizza anche attraverso gli altri. Questa lettura corrisponde di più alla ragione perché, al contrario dell’autodeterminazione intesa in senso assoluto, non conduce l’uomo a un esito autodistruttivo.

(Pietro Vernizzi)

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