«Circola l’immagine di un paese disamorato, privo di slanci, quasi in attesa dell’ineluttabile». C’è la questione morale nell’intervento del Card. Angelo Bagnasco al Consiglio permanente della Cei, ma non solo. Il cardinale cita la forza rigenerante di una «“Presenza altra” nella storia», quella che «il nostro popolo avverte costantemente». È la stessa novità cristiana che ha portato a Madrid moltissimi giovani, ai quali Bagnasco dedica una parte ampia della sua prolusione di ieri. Occorre che i giovani siano i protagonisti di quel cambiamento spirituale senza il quale «nessuna soluzione tecnica può reggere».
Durissime le parole che Bagnasco riserva alla degenerazione del costume politico. «C’è una critica forte a Silvio Berlusconi» dice a Ilsussidiario.net Massimo Franco, editorialista del Corriere. In effetti, nel suo discorso il presidente della Cei ha stigmatizzato quegli «stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica». Perché «la questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative», ha detto Bagnasco. È qui che arriva uno dei passaggi più severi, quel «c’è da purificare l’aria» finito subito su tutte le prime pagine dei quotidiani online. non va però letto, dice Franco, come una richiesta di dimissioni del governo.
Massimo Franco, qual è il Paese che ci restituisce la prolusione del presidente della Conferenza episcopale italiana?
Un paese in cui c’è una classe dirigente che non ha capito in tempo – o non ha voluto capire in tempo – la crisi economica. Una classe politica che litiga e pensa alle rese dei conti più che al bene dell’Italia. In questo quadro va letta la forte critica a Silvio Berlusconi, per quello che lo riguarda in termini di scandali della vita privata.
C’è una parte molto dura sulla questione morale. «Pansessualismo» e «relativismo amorale» attaccano quegli «orizzonti di vita buona» che il Magistero difende.
Sì, ma c’è anche la precisazione che la questione morale non riguarda solo singoli né una sola parte, questo va detto. Poi, all’interno della questione morale come tema che riguarda l’intero paese, vengono i riferimenti a Berlusconi, che non ha bisogno d’altra parte di essere citato. Bagnasco parla di licenziosità e di comportamenti impropri che «ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune».
È una «spallata»?
No. Non ci sono indicazioni politiche. Non c’è la richiesta di un passo indietro, né di un nuovo governo. il discorso si articola essenzialmente sul piano morale e dei valori.
Bagnasco esorta a «salvare dal discredito il sistema della rappresentanza (…) cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità dovuta». Cosa pensa di questo passaggio?
L’espressione è dura, è vero, ma come tradurla in termini politici, non saprei. Una riforma elettorale? Andare alle elezioni? Sarei molto cauto. Ho l’impressione che Bagnasco lanci l’allarme per la distanza che si sta creando tra classe dirigente e popolo. In ogni caso, nonostante alcuni riferimenti che sono chiari, nella prolusione vi sono molti accenni che non possiamo interpretare in modo univoco.
C’è anche la denuncia esplicita dei guai prodotti da una certa finanza.
Sì. Due critiche molto forti vanno al capitalismo finanziario spregiudicato e alle istituzioni europee, che la Chiesa italiana giudica in modo molto duro. Poi viene il governo, accusato di avere reagito tardi, e male, alla crisi. Non a caso Bagnasco parla del «metodo scombinato con cui a tratti si procede»…
Alla fine il cardinale Bagnasco sembra riproporre una preoccupazione da lui espressa più volte, cioè quella dell’impegno politico dei cattolici.
Vedo più l’insistenza su un impegno di tipo prepolitico. No, non mi pare che sia qualcosa che rimanda ad un movimento operativo su piano politico. Mi sembra al contrario di leggere tra le righe la sottolineatura del fatto che i cattolici sarebbero in realtà più uniti di quanto non appaia.
C’è anche la citazione dell’editoriale che su Avvenire il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi, dedicò ai cattolici come presenza vitale e immediatamente riconoscibile. Bagnasco la fa sua, ma non scioglie la domanda che quella citazione conteneva.
A mio modo di vedere è la posizione di una Chiesa cattolica che capisce che una fase sta finendo, ma non sa esattamente «come» questo accadrà e come la Chiesa potrà essere rappresentata nel nuovo assetto. La realtà è che nessuno sa come e quando finirà il berlusconismo e che cosa lascerà in eredità. Credo che la posizione della Chiesa sia attualmente molto simile a quella del periodo 1993-’94, quando la Dc fu travolta e la Chiesa rimase spiazzata dall’arrivo del berlusconismo.
Fu Giovanni Paolo II ad aprire una fase nuova, con il discorso di Palermo del 1995.
Sì, che fu di fatto un ripiegamento sul piano culturale. Ho l’impressione che di diverso, rispetto ad allora, ci sia il tentativo di capire più a fondo, cercando di tenersi pronti alla crisi non semplicemente di questo governo, ma di una intera stagione; di avere antenne più sensibili per non farsi trovare spiazzati, senza una chiave di lettura di quello che sta accadendo. Ma è enormemente complicato, in una fase come questa.
Infine Bagnasco esprime «l’auspicio che la legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento possa giungere quanto prima in porto».
Mi sembra un accenno comprensibile e quasi obbligato. In realtà credo che anche la Cei si renda conto che questo provvedimento è ormai a fortissimo rischio.