Nuova lettera anonima, ricevuta dal quotidiano Eco di Bergamo, a proposito di Yara Gambirasio. Non è la prima volta che arrivano missive che pretendono di indicare luogo del delitto o suggerire chi sia il colpevole di un mistero che tutt’oggi, dopo così tanto tempo, è ancora tutto intero: nessuno sa chi ha ucciso la ragazzina bergamasca tredicenne. Nella nuova lettera però si fa riferimento al cantiere dove sin da subito furono indirizzate le indagini, grazie anche alla segnalazione die cani poliziotto che immediatamente indicarono quella pista come luogo in cui venne consumato l’omicidio. E infatti il misterioso autore scrive di non mollare la pista del cantiere dove si diressero i cani: gli animali non si sono sbagliati, dice. L’autore della missiva tira poi in ballo il marocchino Fikri, che fu accusato inizialmente dopo essere stato fermato sul traghetto che lo riprortava in Marocco proprio appena dopo la sparizione di Yara e recentemente tornato alla ribalta perché sul corpo della ragazzina sono state trovate tracce che indicano la presenza di materiale usato dai piastrellisti, proprio come Fikri. La lettera però non accusa l’uomo di essere l’assassino, ma di sapere: “Mohamed sa di un uomo visto nel cantiere a novembre che minacciava”. Aggiugnendo anche che Fikri saprebbe che Yara venne trascinata dentro a un furgone bianco, il famoso furgone che videro alcuni testimoni nei pressi dell’abitazione della ragazza. Ecco un passaggio significativo della lettera recapitata al quotidiano bergamasco, errori di grammatica inclusi: “Sa che Yara non è rimasta ‘sembre’ nel campo di Chignolo, ma ci è stata portata dopo, e che l’uomo su un’auto targata era presente di nuovo una settimana prima del ritrovamento, sempre a Mapello. Non dimenticate Yara!”. Viene anche indicata la targa della macchina che risulta intestata a un residente di Modena. Il marocchino in questione, Fikri, venne arrestato perché intercettato telefonicamente. Dalle sue parole si pensò che avesse visto il rapimento di Yara, poi la magistratura affermò che le sue parole erano state tradotte male in italiano e che non intendeva parlare di lei.



Tra l’altoro ci sono molti lavoratori stranieri stagionali che ai tempi dell’omicidio di Yara vivevano e lavoravano in zona e che adesso sono tornati ai loro Paesi natali e che non sono mai stati sottoposti all’esame del Dna.

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