L’altro giorno ho innescato una discussione ardua con due quindicenni, che dissertavano sull’ingiusto prezzo dei biglietti dell’autobus, sempre stracolmi, scassati, maleodoranti, concludendo, ovviamente, con la stupidità di pagarli. E via a spiegare che i sevizi pubblici, cioè di tutti, se non sono finanziati da tutti diventano servizi inefficienti, la necessità di mettere insieme doveri e diritti, perché la negazione degli uni porta alla perdita degli altri, ecc. A corto di adeguate motivazioni, hanno optato per la risposta più istintiva: “Tanto non ci sono mai i controllori!”. Esatto, e se ci sono, tra la folla fai tempo ad accorgertene e a scendere alla prima fermata.



Non sempre è così, ho reagito con la paura, paventando i cento euro che papà e mamma non sarebbero stati lieti di pagare. C’è di peggio, soprattutto se non sei uno scafato adolescente, e non ti muovi in una grande città. È il caso di una bambina di Oderzo, dieci anni, fatta scendere dal controllore perché le mancavano trenta centesimi al pagamento del biglietto. Beccata in fallo, via, a piedi. Peccato che la fermata prima fosse in un paese prima, e a dieci anni, senza che i genitori lo sappiano, nessun adulto dovrebbe lasciare lontano da casa una bimba sola.



Il fatto ha suscitato indignazione, polemiche, solidarietà alla famiglia, e abbiamo il dubbio che siano poco spontanee, che non siano mosse dall’avversione per l’appalto ai trasporti e all’amministrazione locali. Ma è interessante che si riproponga, in piccolo (in fondo è ancora estate, le tenebre calano tardi, e la piccola non correva pericolo di brutti incontri: certo, se una macchina avesse sbandato mentre percorreva i bordi della statale…), l’eterno dissidio tra l’osservanza della legge e la sequela del cuore, che va sempre insieme con la ragione, che magistralmente dovremmo aver discusso e ammirato nell’Antigone.



L’obbedienza alle leggi può cancellare, obliare la pietà, la sensibilità, il perdono della colpa? In fondo è il tema che sottende a tutte le doverose proteste contro i paesi che accettano la pena di morte, cioè a regola dell’occhio per occhio, dente per dente. È il caso di certi solerti riscossori delle Entrate statali, pronti a sfrattare famiglie e pensionati in esagerato ritardo coi pagamenti. È il caso di chi commina il carcere, per reati di poco conto, e condanna il reo a convivere con criminali, e a trovare nel carcere la strada per perdersi.

Ha fatto bene, il controllore di Oderzo, a punire a bambina insolvente? Perché, se fossero tante le bambine insolventi? E se alle bambine si aggiungessero parecchi anziani, sarebbe meglio lasciarli a piedi, a traballare incerti verso casa? Non potrebbe chiudere un occhio con tutti. Con tutti, no. Con alcuni, senz’altro. Perché la legge è fatta per l’uomo, non l’uomo per la legge, si ricordava un tempo. Perché la giustizia è giusta se tiene conto che ha davanti delle persone, non dei cittadini, che davanti alla legge no, non sono tutti uguali. Ci sono quelli da proteggere di più, e sono i bambini, i deboli, gli stranieri, le vedove. Ci arrivavano già in tempi antichi. Dobbiamo ricordare i troppi casi in cui questo non avviene?

Ci sono anche i Pinocchi bricconi, ma è il bene provato e l’educazione a cambiarli, non il castigo sproporzionato. Nel caso della bimba di Oderzo, bastava il buon senso, un sorriso, un’ammonizione: “La prossima volta…! Dillo a casa!”.