Santo del giorno: oggi, 30 settembre 2011 è San Girolamo – Nato in Dalmazia verso il 347, san Girolamo fu uno dei grandi Padri della Chiesa. Dalla terra natale ereditò il carattere aspro e focoso, di cui chiedeva perdono a Dio: “Perdonami, o Signore, perché sono dalmata”.
Erudito e studioso della letteratura latina, fu il traduttore della Bibbia nella cosiddetta Vulgata, la versione più diffusa dall’età tardo-antica e medievale.
La sua ammirazione per i classici e per il loro modo di scrivere, se da un lato lo facilitò nell’opera di rileggere alla luce del Vangelo le produzioni pagane, dall’altra fu inizialmente un freno a gustare con pari trasporto la sacra pagina. Girolamo stesso racconta questo aspetto della sua esistenza e dei suoi studi in una lettera alla prediletta discepola Eustochio:
Molti anni fa mi ero allontanato da casa, dai genitori, dalla sorella, dai cognati e, cosa che è ben più difficile, da un cibo più sostanzioso a causa del regno dei cieli e mi diressi a sostenere la mia battaglia a Gerusalemme. Non potevo fare a meno della biblioteca che a Roma mi ero allestito con grande amore e fatica. E così rimanevo digiuno dal poter leggere Cicerone. Se talvolta cominciavo a leggere un profeta, mi dava fastidio lo stile rozzo.
Forse per le privazioni della vita ascetica cadde ammalato e, mentre sembrava vicina la sua fine, gli parve di trovarsi alla presenza del Giudice supremo: Là c’era tanta luce e tanto fulgore che, prostratomi a terra, non osavo alzare la testa. Interrogato sulla mia condizione, risposi che ero cristiano. E Colui che stava sul seggio disse: “Menti: sei ciceroniano, non cristiano; dove è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore”.
Toccato da questa drammatica esperienza, Girolamo fece da allora in poi della Sacra Scrittura il centro della sua vita: Da allora in poi lessi le opere divine con una passione superiore a quella con cui avevo letto fino ad allora le opere mortali.
Nel 410, quando avvenne il sacco di Roma, Girolamo si trovava a Betlemme, verso la fine di una lunga vita attiva e solitaria. Quando venne a sapere la notizia della distruzione della città che era stata per secoli il centro del mondo, pianse.
L’ostilità di Roma al cristianesimo, le persecuzioni dei primi secoli, il sangue dei martiri, non offuscavano nel suo cuore magnanimo il dolore per il tramonto di una civiltà feconda come quella latina. La stretta collaborazione con papa Damaso tra il 382 e il 385 gli aveva fatto scoprire la nuova Roma, quella che avrebbe resistito a tanti nemici esterni e interni, anche attraverso quella Parola che egli aveva amorosamente letto, commentato e difeso per tutta la vita.