Oggi la Chiesa cattolica celebra San Gregorio di Nissa. Nato a Cesarea in Cappadocia attorno al 335 morì a Nissa, nel 395 circa. Assieme a Basilio il grande e Gregorio Nazianzeno fu uno dei tre grandi teologi e padri della Chiesa, i tre Padri Cappadoci, che visse nel IV secolo. Di animo contemplativo, in gioventù espresse la sua predilezioni per gli studi classici, preferendo al cristianesimo le dottrine filosofiche greche. Tuttavia, dopo aver attraversato una crisi mistica, ed avere vissuto per un periodo nel monastero del fratello Basilio e grazie ai suoi insegnamenti (chiamerà, infatti, tutta la vita Basilio «maestro e padre»), comprese la manifesta superiore ragionevolezza e il fascino umano del cristianesimo. La sua fedeltà al fratello fu messa alla prova quando decise di inviarlo come vescovo di Nissa, per difendere la fede cristiana dall’imperatore Valente, di cui né subì la persecuzione. Benché come amministratore si rivelò talora ingenuo, fu considerato una colonna dell’ortodossia. Così venne definito dai padri riuniti al primo concilio di Costantinopoli, dove si sancì, contro l’arianesimo, che Cristo fosse dotato di natura divina e, contro i cosiddetti pnaumatochi, che lo Spirito Santo fosse della medesima sostanza del Figlio e del Padre. Fu considerato, tra le altre cose, tra i massimi sapienti dell’epoca. La sua erudizione spaziava dalla medicina alla musica; oltre che, ovviamente, dalla filosofia alla teologia, discipline di cui era considerato tra le massime autorità in assoluto. Era noto, inoltre, per il suo stile espositivo, particolarmente facile a comprendersi e accattivante. Benché dei padri Cappadoci fosse il più giovane e considerato il meno carismatico, fu quello che riuscì maggiormente a tradurre le categorie della cultura classica in chiave cristiana. Assunse la distinzione platonica tra mondo materiale e ideale, operandovi, tuttavia, una radicalizzazione. Secondo il Nisseno, infatti, tutto ciò che apparteneva al mondo sensibile – anche, quindi, l’intelletto umano – del sensibile non poteva valicare i limiti. La sua concezione di visione beatifica consisteva in un’estasi mistica in cui l’anima umana si ricongiungeva con lo spirito di Dio. Senza neanche in questo caso, tuttavia, riuscire a superarsi.
Tra i corollari di queste affermazioni, rientra l’inconoscibilità perfetta da parte dell’uomo di Dio. Ma una imperfetta, sì. Secondo Gregorio, infatti, essendo Dio infinito, l’amore per lui non poteva che rimandare ad una conoscenza che si accresce in maniera infinita in un moto che, contestualmente, accresce l’amore per lui.