Anche il weekend passato è stato denso di avvenimenti e di incontri, segno che il 2012 è un anno di grandi fermenti. Sarà dunque un caso, oppure no, ma la sensazione che sugli occhi abbiamo due fogli di giornale un po’ c’è. Vi elenco allora chi ho incontrato in tre giorni e, curiosamente, di cosa abbiamo discusso.
Venerdì a Cherasco, paese bellissimo (che ha celebrato un evento triste, per me, come il trattato di Cherasco con cui è stato spartito il Monferrato), ho incontrato un imprenditore che ha creato alberghi e ristoranti con uno scopo didattico: mostrare come avviene una gestione per poi offrire i propri servizi ad altri. Geniale e competitiva come ipotesi. Alla sera sono stato a Mondovì, a una cena con 10 sindaci e con i loro collaboratori per parlare delle opportunità delle De.Co., le denominazioni comunali. E l’altro ospite d’onore che era con me, Giacomo Oddero, farmacista, produttore di vino, già presidente della Camera di Commercio di Cuneo e poi della Fondazione Cassa di Risparmio ha detto una cosa importante: “Nel vino la polverizzazione è una risorsa in un momento di crisi, non fosse altro perché ogni giorno c’è qualcuno che parte con la valigia e va nel mondo a promuovere i nostri prodotti e il territorio”. In due parole ha descritto cos’è la specificità italiana, e anche la ragione di un aumento dell’export del vino in anni horribilis come questi.
Il giorno dopo mi hanno invitato a Ivrea, o meglio a Castellamonte, il paese delle ceramiche. Una terra mortificata dalla fine della Olivetti e dalla presenza di imprenditori – dice chi è rimasto – che per compiacere la finanza hanno venduto il lavoro, il territorio, le famiglie. Imprenditori che oggi sono padroni di giornali, di finanziarie e quant’altro, ma che si guardano bene dal farsi vedere da quelle parti, dove invece Adriano Olivetti era considerato un benefattore, tanto che alla sua morte, avvenuta il lunedì del Carnevale, fu sospesa la festa, unico caso nella storia.
A cena abbiamo parlato del fenomeno del Carnevale di Ivrea, quello della famosa battaglia delle arance, che coinvolge tutti i cittadini per più giorni. Come consuetudine il 6 gennaio è già stato nominato il generale, mentre il sabato di Carnevale viene solitamente svelato il nome della mugnaia, davanti a 10mila persone. Il Carnevale a Ivrea è un po’ come il palio di Siena, ed è retto da un Comitato che provvede a finanziare l’evento e a renderlo vivo. Una bella storia di passione, identità e turismo che andrebbe studiata sui libri di economia.



Il giorno dopo ero a Santo Stefano Belbo in un ex monastero cistercense del Seicento tra le vigne di moscato. Oggi questo convento, che la legge Siccardi privò dei monaci e impoverì (che delinquenza!), è un bellissimo relais a cinque stelle, voluto dall’imprenditore Pier Domenico Gallo, che ho incontrato e che per caso si è trovato fra le mani questo tesoro. Quest’anno ha registrato il +50% rilanciando il relais con una spa dove viene utilizzata l’acqua salata, importata dalla Sardegna, che aiuta a galleggiare meglio. Un gioiello che attira una clientela internazionale, un luogo dove i particolari sono importanti, perché la bellezza, mi è sembrato di capire, salverà il mondo, e già ora ci salva da una crisi facendoci percepire una strada possibile.



Il dialogo poi è finito anche qui sul Carnevale di Ivrea e sui punti di forza e di debolezza che occorre tenere presenti quando ci si presenta al mondo. La cucina è quella che attinge a piene mani nella storia di Guido di Costigliole e a gestire il locale (corona radiosa della GuidaCriticaGolosa) è Andrea Alciati, figlio di Guido e di Lidia, mitici angeli della cucina italiana e piemontese. Be’, alla fine di questo giro mi sono sentito sollevato, non solo per quei piatti realizzati coi prodotti De.Co. a Mondovì, per gli gnocchi di Pignolet dei 3 Re di Castellamonte o per i tajarin del Relais San Maurizio, ma anche per questa ventata di anti-rassegnazione che gli imprenditori di razza sanno mostrare nei fatti. Adesso si che si ricomincia!



 

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