Se siete stati una volta al cimitero acattolico di Roma, sapete che è un luogo tristissimo. Di struggente bellezza: pini, siepi di mirto, l’ombra della Piramide Cestia sulle tombe liberty di poeti e aristocratici inglesi, spentisi durante un Grand Tour o avendo scelto la capitale come buen retiro. Si tratta di nomi illustri, le cui lapidi suscitano una disperata malinconia, perché non c’è una croce, un versetto dell’Antico Testamento, nessuno che s’inchini in preghiera. Si tratta di un’opera d’arte e i turisti fanno la fila per visitarlo, uscendone smarriti e pensosi.
Non pare che abbiano preso un tanto nobile modello amministratori, architetti, teste pensanti del comune di Genova, che hanno deciso di inaugurare un “tempio laico” nel cimitero di Staglieno. Dove chiunque possa trapassare avvolto dalle riflessioni e i sospiri di anime elette, come lui libere dai vincoli intellettuali della religione. Tempio, laico. I due termini stanno male insieme, perché i templi nascono sulle fondamenta di una fede, e la parola “laico” contrapposta a religione deriva da un’errata interpretazione semantica. Laico è chiunque non indossi una veste da prete, o da suora, e dunque in ogni cimitero c’è una fossa di terra per tutti i laici, ben più numerosi dei chierici. L’unico tempio ideologicamente innalzato contro il Cristianesimo e la Chiesa è quello voluto alla Dea Ragione durante il Terrore francese. La storia insegna quali frutti di convivenza e dialogo abbia portato.
Tant’è, la città garante dei diritti multietnicoculturalreligiosi eccetera, titolo di cui si fregia e si vanta, non ha trovato modo migliore per spendere 275.000 euro. E’ vero che i genovesi risparmiano, e anche dopo l’alluvione che ha devastato la città avranno trovato denari in abbondanza, tanto da avanzarne un po’. E’ vero che Genova detiene il primato italiano della denatalità, e tanto vale occuparsi dei morti. Per un sindaco che doveva dimettersi, la signora Vincenti di iniziative ne sa prendere, soprattutto se provocatorie.
Un tempio laico, ma singolarmente con finestre che irradiano una luce a forma di croce, per rifarsi a simboli che comunque appartengono alla nostra cultura, e guarda caso, inaugurato il giorno di Natale, per testimoniare in un cimitero il trionfo della vita, il dies Solis, appunto. Non bastavano le tante croci su cui hanno pianto, pregato, sperato i devoti genovesi. Non bastava, per tutti, la luce del sole che illumina il cielo, sopra tutti quanti, i giusti e gli ingiusti, i religiosi e i non credenti.
Le opere e i giorni, vuole chiamare il monumento al Nulla la signora Sindaco: è una fine classicista, si tratta di un’opera semiperduta di Esiodo, ma suona così bene. Le opere e i giorni sono quelli dell’uomo. Poco importa se finiscono in cenere. Chi pensa che la morte sia la fine di tutto, coraggiosamente non ha bisogno di templi e cerimonie. Sparge i suoi resti al vento, al mare, regala le sue ossa al ciclo eterno della natura. Oppure, foss’anche per un parente lontano, lascia una croce sulla sua tomba, in segno di laicissima pietà. Non gli farà male una preghiera, un ricordo.
Il sindaco di Genova troverà qualche altra ragione per scatenare le sue truppe laiche: ci sono da liberare i muri dei musei dai quadri che ritraggono madonne e santi, ad esempio, o l’arte non è per tutti; ci sono da togliere i crocifissi nelle scuole e nei luoghi pubblici, creare pensatoi acattolici negli ospedali, abolire le ore di religione, cambiare il calendario…in fretta, però, in primavera si vota.