“La mia speranza per il 2012 è che nel nuovo anno si smetta di praticare l’aborto. Qualcuno mi obietterà che non c’è la maggioranza parlamentare per cambiare la legge. Ma la speranza è una cosa diversa da un puro calcolo delle probabilità, o da un semplice desiderio”. Ad affermarlo è Leo Aletti, medico ginecologo, intervistato da IlSussidiario.net. Per l’esperto, “in Italia purtroppo c’è una mentalità abortista, e con la legge 194 si sono verificati in tutto sei milioni di interruzioni di gravidanza. Affermare che questa sarebbe una legge in difesa delle donne e per il diritto alla libera scelta è un’ipocrisia. Il punto è che quando si perde il rispetto per la vita, vuole dire che non se ne comprende più il significato”.
Partiamo dal caso di Jenni Lake, la 17enne americana che non si è curata dal tumore pur di partorire ed è morta. Di che cosa è simbolo?
Non è affatto un simbolo, Jenni è una persona reale che ha accolto a qualunque costo la vita e il figlio che aspettava. E’ un fatto che commuove, cioè che muove chiunque viene a sapere ciò che è avvenuto.
In alcune parrocchie, spesso si cerca di fare adottare i bambini partoriti da madri ignote. Ritiene che sia una scelta che va nella direzione giusta?
La questione non è dire se sia giusto o sbagliato, perché in questo modo si finisce per relativizzare quello che è un fatto oggettivo. E’ doveroso e umano compiere una scelta del genere. Mentre la categoria della giustizia può essere strumentalizzata per compiere qualsiasi azione. Anche se tu non conosci l’identità di tua madre o di tuo padre, la vita può essere positiva ugualmente. Non a caso, il cognome più diffuso a Napoli è Esposito, che significa “neonato esposto”, e a Milano è Colombo, che indica il Lazzaretto dove erano abbandonati i bambini in fasce. L’errore invece è fare una questione di giustizia di quello che è un problema umano. La giustizia che abbiamo in Italia infatti va contro la vita, basta vedere quanto afferma la legge 194 sull’aborto.
Di recente i giornali hanno parlato di una minorenne trentina, i cui genitori si sono rivolti al pm per costringerla ad abortire, e alla fine l’hanno avuta vinta …
Una violenza del genere è incredibile, perché di fronte al desiderio di questa donna di tenere suo figlio, sono state fatte pressioni così terribili per cui lei alla fine ha ceduto. Invece occorreva aiutare questa donna a realizzarsi come madre, tenendo sempre presente che quel bambino che lei aspettava è unico e irripetibile. Le posso leggere la poesia che mi ha scritto un mio amico di 88 anni?
Prego …
“Come sarebbe bello se anch’io / potessi pronunciare con gioia il tuo nome / mamma. / Ricordi i primi giorni di attesa, le piccole bugie e le grandi trepidazioni? / Poi una sera quando il mio cuore cominciava a battere nel tuo seno, / sussurrasti a papà delle parole che non potevo capire. / E fu così che non nacqui. / Se oggi però pensandomi / una lacrima solcherà il tuo viso, / il mio perdono non ti potrà mancare. / Accettale come dono per non avermi saputo dimenticare”.
Vuole dedicarla ai lettori de Ilsussidiario.net?
Certamente. Il punto è questo: che l’aborto è un episodio che una donna non dimenticherà mai più. E mi è capitato che delle signore di 60 anni, durante l’anamnesi in ospedale, dopo avere ammesso di avere fatto un’interruzione volontaria di gravidanza incominciassero a piangere.
Per quale motivo in Italia stenta ad affermarsi il principio che una donna che non desidera un figlio, possa partorire e poi affidare il neonato in adozione?
Personalmente ho conosciuto diverse donne che, non potendo tenere il figlio ad ogni costo, lo hanno affidato in adozione. Questo passo quindi non deve spaventare. In Italia però la mentalità è abortista, tanto è vero che con la legge 194 si sono verificati in tutto sei milioni di interruzioni di gravidanza. Ma c’è l’ipocrisia di volere affermare che questa in realtà sarebbe una legge in difesa delle donne e per il diritto alla scelta. Il punto è che quando si perde il rispetto per la vita, vuole dire che non se ne comprende più il significato. Via, verità e vita è infatti Gesù Cristo. Anche se oggi si vuole porre un altro fondamento alla società.
Di quale fondamento si tratta?
Basta vedere come è stata costruita l’Unione europea, il cui fondamento è l’euro, cioè il denaro. Il vero fondamento invece è un altro, e la differenza la si vede quando si discute dei temi della vita. Tanto è vero che quella in cui viviamo è una società europea che odora di morte.
Per quanto riguarda i temi sulla vita, per il 2012 lei che cosa spera?
Spero che si smettano di fare gli aborti. Qualcuno mi obietterà che non è un obiettivo realizzabile. Ma anche il Papa dice di sperare che non ci siano più le guerre. E questo significa che la speranza è una cosa diversa da un puro calcolo delle probabilità, o da un semplice desiderio. Il mio auspicio per il 2012 può essere quindi sintetizzato nella parola “conversione”, e io mi auguro che avvenga questo cambiamento. Non è quindi una questione di strategia. I numeri parlamentari per cambiare la legge sull’aborto non ci sono, ma anche la condanna a morte di Gesù Cristo è stata scelta a maggioranza, dopo che Ponzio Pilato ha chiesto: “Volete libero Gesù o Barabba?”. E tutti hanno scelto di salvare Barabba. Occorre quindi giocare un’altra categoria, mettendo al centro della vita non il calcolo politico o il denaro, ma Cristo. Se sbagli il fondamento, crolla l’intera costruzione.
In un’Italia dove la maggioranza delle persone non sono più cristiane praticanti, quale margine di manovra hanno i cristiani sui temi della vita?
Le leggi sulla vita non devono essere cristiane, bensì umane. Proprio come la medicina deve seguire le regole dell’anatomia chirurgica, allo stesso modo l’ordinamento giuridico deve rispettare la vera natura dell’essere umano. Nel 2003 Giovanni Paolo II dichiarò che “l’Europa o sarà cristiana o non sarà”. Con questo si intende il fondamento dell’Europa. La Costituzione Ue cita per esempio i Lumi del ’700, ma non le radici giudaico-cristiane. E il motivo è che umano e cristiano coincidono, altrimenti Cristo è soltanto un’immagine. Ed è proprio su questo punto che don Luigi Giussani e Giuseppe Lazzati si sono trovati in disaccordo. Per Lazzati un conto era la dimensione spirituale e un’altra quella temporale. Mentre per Giussani, non è possibile dividerle altrimenti non si riunificano più.
(Pietro Vernizzi)