BEPPE GRILLO E LA TRAVERSATA A NUOTO DELLO STRETTO DI MESSINA. Alcune riflessioni sulla traversata dello stretto di Messina compiuta ieri da Beppe Grillo. In primo luogo, si è trattato, come tutti capiscono, di una impresa ad uso e consumo dei media. C’è da chiedersi, però, se davvero in questo nostro occidente non si possa più fare a meno della politica-spettacolo. Guardando gli ultimi vent’anni, anche oltre confine, sembrerebbe di no.
Sembrerebbe che attecchisca solo l’eccezionale, lo stupefacente, lo scoop. E’ ciò che, giustamente, cercano l’autore di teatro, di cinema, di televisione. Ma è possibile che la politica debba rassegnarsi alle leggi dello spettacolo? Eppure non è così che la vita reale si afferma. Anzi, nasce di nascosto, si costruisce piano piano, si rafforza nella reiterazione, nella fedeltà dell’ordinario. Grillo è un sapiente comunicatore, che adotta strumenti diversi da quelli dei suoi predecessori, ma che obbedisce alle loro stesse regole non scritte. Usa le immagini sporche del web al posto di quelle patinate degli spot, i comizi improvvisati invece dei salotti tv, ma è solo diversità di tattica. Naturalmente, la comunicazione è importante, ma se c’è solo quella, ed è spinta al parossismo, è segno che non c’è più né vita nè tessuto sociale.
In secondo luogo, si ha la sensazione che molti si accorgano della consistenza solo mediatica di certe proposte politiche, come quella di ieri, ma non sappiano reagire di conseguenza. Un tempo si diceva che non si possono ingannare molte persone per molto tempo (Lincoln), ma invece il segno più grande della debolezza morale europea è proprio la rassegnazione alla menzogna e al vuoto.
In terzo luogo, quella di ieri è stata una impresa simbolica. Ma occorre riflettere sulla natura del simbolo e sulla modalità della sua ricezione. I media hanno ricordato immagini analoghe: la traversata di Mao, il Duce nuotatore. Sempre i leader politici o gli aspiranti tali si sono resi protagonisti di imprese speciali, con cui mostrare metaforicamente le proprie qualità o la propria forza al popolo. A volte si è trattato di prove di coraggio, altre di performance fisiche, più raramente di esercizi intellettuali. Alcune sono sembrate più cafone, altre più eleganti, ma la sostanza è identica. Le immagini di Putin che caccia a torso nudo non sono molto diverse da quelle del principino inglese che parte per le Falkland. Piccole o grandi ordalie nella storia ci sono sempre state. Un tempo venivano consegnate alle tradizioni orali, oggi alle tv e al web. L’impresa di Grillo, però, segna un piccolo salto di qualità. E’ legittimo pensare che il capo si voglia mostrare forte e che qualcuno finisca per credergli. Ma non è il caso di Grillo. Egli non si atteggia a capo (anche se sembra lo sia in modo rude). Non vuole farci credere di essere forte, ma solo di essere diverso. Con la traversata di ieri il comico non ci dice chi è, ma chi non è.
L’elenco delle negazioni è lungo: non è come i politici fannulloni, non è come la mafia, non è per il ponte sullo stretto, non è come i Savoia, né come gli americani (che lo hanno preceduto nello sbarco sull’isola), non è come chi usa l’auto blu (lui va a piedi, anzi nuoto) ecc. Ora, il concetto di traversata è umanamente affascinante, si tratti di un sentiero lungo e difficoltoso, come quello di Ho Chi Minh o di una frontiera da conquistare, come quella dei pionieri americani.
Affonda le sue radici nel cuore della storia umana e divina, perché la prima grande traversata è quella del popolo ebraico. E il cristianesimo ha tradotto il concetto biblico nell’idea del pellegrinaggio, elevato simbolo della stessa esistenza. Ma alla fine del deserto c’è la Terra promessa. Al termine del pellegrinaggio non c’è solo l’icona, ci sono ossa reali, come quelle di Pietro, o una grotta di roccia, come quella di Lourdes. Invece, tornando alla “vile” politica, alla fine della tua nuotata, Grillo, dove ci porti? A fare cosa? E come e con chi? Frastornati come siamo dallo scandalo per la tracotante ribalderia di alcuni politici e per le ingiustizie sociali che si moltiplicano, rischiamo di dimenticare che il colpo di spugna non basta, anzi, può essere peggio ancora. Serve, invece, partire da un positivo presente. Nella furia purificatrice ci vuole poco, e la storia lo dimostra drammaticamente, a travolgere non solo chi non c’entra, ma chi costruisce, chi opera sinceramente per il bene comune. La lotta all’ingiustizia e la conservazione della giustizia non sono alternative. Tra Scilla e Cariddi bisogna nuotare in mezzo.