Don Giorgio Pontiggia è tornato alla casa del Padre tre anni fa, eppure più passa il tempo più si sente viva la sua presenza, ogni giorno più vicino ai tentativi educativi che lui ha sostenuto con il dono totale della sua vita e che ora fa crescere con la sua intercessione.
Questo è ciò che rende affascinante la ricorrenza che celebriamo nel giorno della morte di don Giorgio, la certezza di stare davanti a lui presente per la misericordia con cui Dio ridona la vita e lo fa per l’eterno. Oggi ricordare don Giorgio è domandare che lui continui a intercedere per ciò che gli è sempre stato a cuore e per cui ha dato la vita, tanto da meritare per sempre l’oggetto di ogni sua mossa, di ogni sua iniziativa, della sua impareggiabile genialità creativa: e questo oggetto non è mai stato né una idea né un progetto né una buona intenzione, ma sempre un uomo, Gesù Cristo vivo nel carisma del movimento di Comunione e liberazione.
Don Giorgio ha testimoniato in modo appassionato e con una dedizione incontenibile che l’origine di ogni gesto umano ha un nome, Gesù Cristo. È a Cristo che lui ha dato la vita, al Cristo che genera l’umano, che lo fa fiorire, che lo libera verso orizzonti senza misure tanto sono vaste le possibilità della fede.
Per don Giorgio Cristo non è mai stata una intenzione ma un uomo reale, una presenza verso cui il suo cuore struggeva, e questo per una ragione molto semplice, che Cristo per don Giorgio aveva un volto, il volto del carisma che aveva incontrato e che incontrava ogni istante. Tanto che incontrare don Giorgio, stare con lui, condividere il suo cammino era sempre fare i conti con l’uomo cui lui guardava con tutta la passione che irruente sgorgava dal suo cuore. Questo era ed è don Giorgio, un uomo che ha dato la vita a Cristo perché Cristo lo ha reso uomo, lo ha preso dalla sua vita per dargliela cento volte tanto. Don Giorgio viveva di Colui che ha incontrato e che continuava ad incontrare, in questo sta la sua originalità che oggi, in questo inizio dell’Anno della fede, ci aiuta a riconoscere ancor di più la natura stessa della fede.
Con don Giorgio era evidente che a tema in ogni istante, di fronte ad ogni bisogno non vi era una capacità anche religiosa, una buona volontà, una generosità, ma sempre la sfida a riconoscere che è un Altro, il Dio che si è fatto carne, ad operare, generando Lui la fede. Di fronte ad un uomo così oggi è ancor più chiaro il valore della sua testimonianza, ricordarlo è stare di fronte a Chi lo ha reso così e che oggi lo tiene con sé per sempre.
Questa ricorrenza ci avvicina più significativamente al carisma di Comunione e liberazione. Per don Giorgio che il carisma vivesse in tutta la sua originalità, che segnasse la vita, che la cambiasse rispondendo alla promessa che è inscritta nel cuore dell’uomo, era la sua preoccupazione costante; non tanto che lui vivesse, che lui potesse esprimersi, che lui potesse fare quello che riteneva meglio – ed era un uomo di valore, dotato di capacità notevoli! –, ma che il carisma potesse esplodere in tutta la sua forza. Questo don Giorgio oggi ci ridice e a questo ci sostiene, a dare la vita a Colui che l’ha data perché la nostra potesse fiorire in tutta la sua bellezza.
Se oggi ricordare don Giorgio e pregarlo è stare di fronte alla originalità del carisma come lui ci ha educato, questo vale tanto più per quello che lui ha fatto nel rapporto con i giovani e la cui impronta rimane a segnare il cammino di questi anni, senza di lui fisicamente ma sempre presente. È quello che don Giorgio ha lasciato in campo educativo più che mai valido e presente, è un metodo quello che ha consegnato alle persone e nelle opere di cui è stato ideatore e protagonista, come Portofranco. E il metodo che don Giorgio ha comunicato è quello che ha imparato da don Luigi Giussani, seguendolo passo dopo passo dentro un impegno travolgente: il metodo dell’educazione come impegno con la vita ed il suo senso.
Don Giorgio è stato dentro la sua vita, ed è oggi in Paradiso, una sentinella del metodo che ha imparato verificando la proposta che ha incontrato, la proposta della fede come atto che compie l’umano. L’insistenza di don Giorgio sul metodo ha educato migliaia e migliaia di giovani, ha fatto crescere tanti insegnanti, ha sostenuto numerose famiglie; sembra di risentirlo oggi con la sua voce roboante richiamare perché si segua fedelmente un metodo, il metodo che fa dell’educazione il lavoro da cui l’umano fiorisce; sembra di risentirlo oggi tuonare perché non si aggiunga nulla in modo posticcio ai ragazzi e alle ragazze che si incontrano, ma ci si rivolga alla loro libertà e si faccia di tutto perché ognuno diventi quello cui urge la sua libertà.
È il metodo dell’educazione ciò che don Giorgio ha tenuto desto in sé e in chi lo ha accompagnato a stare con tutta la vita in rapporto con i giovani, perché potessero incontrare Chi risponde al loro bisogno. E questo oggi vale sempre di più: cioè che si educa per un metodo che si vive, il metodo della fede. La certezza che l’umano matura solo per il Mistero che si coinvolge con lui.