Non giudicate Carmen Russo e suo marito, Enzo Paolo Turchi. 53 anni lei, 63 lui, hanno deciso che vogliono un bambino. Di più, ce l’hanno già, in quanto l’ex show girl è incinta. Ex per limiti d’età, verrebbe da dire. In realtà ancora sulle scene televisive, ogni volta che può. Solo che al rallenty, e quindi il tempo per avere un bambino è saltato fuori. Non giudicatemi, spiega la signora: avrebbe dovuto pensarci prima, dice, ma era troppo occupata dal lavoro. Qualcuno ironizzerà sul lavoro, sbagliando. Perché è con candore che Carmen Russo tira fuori quel che molte wonder womans, femmine in carriera, non dicono. Una promozione, un viaggio, un’altra promozione, un amante, poi un periodaccio, lo psicanalista non consiglia, eccetera. Ci si ritrova come niente ai 45 – 50. Perché allora scandalizzarci dell’età avanzata delle donne di spettacolo? C’è un accanimento in più poi che su Carmen Russo non mi piace: non è chic, con quelle mises vistose, con quel marito platinato, ha frequentato troppo i “drive in” berlusconiani, che diamine. Perché su Heather Parisi s’è detto, ma con più simpatia. Gianna Nannini, poi, quasi un’eroina. Che donna, signori. E sì che lei la fecondazione assistita l’ha fatta chissà come e con chi, e la sua bambina, che si sappia, non ha il padre, mentre almeno questi due, dicono, hanno fatto da soli. Dicono: spero che medici troppo solerti a soddisfare i desideri tardivi non abbiano combinato pasticci. Ovvero bombardamenti ormonali, compravendita di ovuli e spermatozoi, eccetera. Oggi c’è da pensare di tutto. Ma credo alla buona fede, di chi solo pochi mesi fa faceva a piedi nudi il cammino sulla montagna di Medjugorie, e chissà, forse proprio per chiedere quella grazia. Non giudicate. Poi, Carmen, ci sono delle sfumature nelle parole, magari inconsapevoli, che fanno riflettere. Quando lei dice: “Sarebbe stato più leale  e logico pensare a un figlio dieci anni fa”, il commento è: anche venti.  E non è “logico” pensare a un figlio. È naturale, e penso volesse intendere proprio questo. Leale anche con se stessi, perché i veri desideri vengono soffocati per sostituirli con altri piccoli e insoddisfacenti, che sfumano presto. E ancora, leggo: “In cuor mio farò il massimo per vivere il più a lungo possibile, finché avrò aria nei polmoni. Chi vuole uccidere la mia felicità si faccia avanti”.  



Tutti noi, carissima, vorremmo in cuor nostro vivere più a lungo possibile. Ma non ci è dato decidere. Possiamo chiederlo, sperare, trattarci bene, mantenerci in salute, per quel che possiamo. Ma non basta, sempre. E poi: la sua felicità è importante, è la cosa più importante della vita, ci mancherebbe. Ma quando ci si apre alla vita, si ha più a cuore la vita di un altro. Non si “fa” un figlio per la propria felicità. Ma per la felicità del figlio. E fa parte della felicità di un figlio, forse, avere una mamma in grado di accudirlo, giovane, fresca, con tanti anni davanti a sé per stargli accanto. Certo, non capita a tutti. Ma almeno come prospettiva, è quel che natura chiede. Un figlio non si “fa”. Vede come parliamo, noi tutti. Noi tutti. Ormai siamo abituati così, ci sembra normale gestire ogni cosa, programmarla, scandalizzarci che un desiderio non sia un diritto. Dopo di che, carissima Carmen, sono affari suoi. E di suo marito. Si ritiri per questi mesi di gravidanza e anche dopo, non conceda interviste, per carità, non giustifichi, non spieghi. E auguri sinceri per il vostro bambino, o la vostra bambina. Siate felici insieme.

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