Da astro nascente prediletto di Amauri quando militava nel Lecco a portiere notturno per mantenere la sua famiglia. E’ la storia di Mattia Altobelli, figlio del campione Alessandro noto come “Spillo”, che dopo sei mesi in serie B, diverse stagioni in Lega Pro e alcuni mesi in Eccellenza, una settimana fa si è ritrovato senza una squadra. Tutto a un mese di matrimonio con la sua compagna Stefania che gli ha già dato una figlia, Carolina. E così, per non lasciare i suoi cari senza uno stipendio, ha deciso di trovarsi un lavoro umile, ma dignitoso, senza però smettere di sognare di tornare un giorno a giocare a calcio.



Mattia Altobelli, perché ha deciso di iniziare a lavorare come portiere notturno in un albergo?

Un po’ mi ci sono trovato costretto, perché ho sempre fatto il professionista di calcio fino a giugno, e non ricevendo lo stipendio per oltre un anno ho dovuto forzatamente abbandonare. Ho una compagna e una figlia, e ho dovuto cercare di tutelarle e dare loro da mangiare. Di conseguenza ho dovuto prendere la decisione di scendere di categoria e giocare nei dilettanti, e trovarmi inoltre un secondo lavoro. Fino all’anno scorso era impensabile, perché mi allenavo tutti i giorni, mentre quest’anno avendo cambiato categoria ne ho approfittato per cercare qualcosa che mi piacesse.



E’ soddisfatto della sua decisione?

E’ stata una delle più felici che abbia mai preso, lo rifarei altre mille volte perché è giusto così. Il mondo del calcio vive molte difficoltà e soprattutto per chi gioca nella categoria dei dilettanti bisogna trovare altri modi per portare a casa da mangiare.

Il Corriere titola “parabola discendente per il figlio di Spillo”. La sua è veramente una parabola discendente, o lo è di più quella di chi gioca in serie A senza impegnarsi?

In effetti la mia è una parabola discendente perché fino all’anno scorso giocavo in Lega Pro e quest’anno mi sono trovato nei dilettanti. La settimana scorsa sono stato licenziato senza alcuna motivazione anche dal Desenzano, e di conseguenza ho dovuto prendere la decisione di lavorare come guardiano notturno. Quindi la mia è una “parabola discendente” nel senso che sono sceso di due categorie, perché volevo trovare qualcos’altro da fare nella vita e che mi desse più garanzie rispetto a quelle che avevo l’anno scorso, e in più trovare un lavoro che mi potesse aprire gli orizzonti per il futuro.



Che dire di tante stelle con molto talento ma con la testa vuota?

Ci sono tanti giocatori di serie A che non capiscono la fortuna che hanno. Però ho fatto anch’io lo stesso errore quando ero in serie B, non ho capito le potenzialità e le opportunità che avevo tra le mani. Spesso si capisce con gli anni, quando sei giovane pensi che non finirà mai. Invece in un attimo può cambiare tutto e devi essere pronto a vivere di qualche cos’altro.

 

Come si trova nei suoi nuovi panni, dopo questa “parabola discendente”?

 

Se sono contento della mia scelta è anche perché mi fa capire che cosa conta nella vita. Non c’è cosa più bella che arrivare a casa la sera, o la mattina per chi lavora la notte come me, e trovare la propria donna e il proprio figlio. E’ qualcosa che mi fa sentire ogni volta orgoglioso di me. Tanti mi dicono: “Uno che si chiama Altobelli troverà sicuramente tutte le porte aperte”. Questa è la cosa che mi fa più male, anche se con il tempo mi ci sono abituato. Non me la sento di criticare chi fa del calcio la sua professione, perché anch’io l’ho fatto fino a giugno, anche se poi ho avuto parecchia sfortuna incontrando diverse società che non mi hanno pagato lo stipendio.

 

A livello professionale invece il calcio è sempre più un mondo dorato, dove non c’è più la serietà dei tempi di suo padre “Spillo” …

 

In realtà oggi non è più un mondo dorato come prima, perché fino a 10-15 anni fa anche chi giocava in Lega Pro guadagnava molto, al punto che una volta terminata la carriera non si era costretti a incominciare a lavorare subito. Oggi tranne che in serie A, non si guadagna più come una volta. Già in serie B si fa fatica a sopravvivere, quando si arriva alla Lega Pro è una “discesa all’inferno”.

 

Che cosa consiglierebbe a un giovane calciatore agli esordi della sua carriera?

 

Di capire che questo lavoro dura poco, e bisogna essere bravi a farlo durare il più possibile. Quando arrivi a certi livelli hai di fronte un’opportunità enorme, e se sbagli non ti si ripresenterà più.

 

(Pietro Vernizzi)