Il decreto-legge 129 del 7 agosto 2012, n. 129, per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto è stato definitivamente convertito in legge. L’aula del Senato ha dato il via libera con 247 sì e 20 no, tutti leghisti; un primo e decisivo passo per sanare una situazione che è costata, a moltissimi, un prezzo davvero troppo elevato in termini di salute e che potrebbe costare, a molti altri, un analogo prezzo in termini di lavoro. L’auspicio è che, con questo provvedimento, si riescano a contemperare le esigenze di riduzione drastica dell’inquinamento e quelle occupazionali. Il senatore Salvatore Tomaselli, relatore della legge, ci spiega se il risultato dei lavori parlamentari è stato o meno soddisfacente.



Ci spieghi, anzitutto, cosa prevede il decreto convertito in Senato

Il decreto interviene su alcuni quartieri della città e sul porto di Taranto mettendo a sistema una serie di risorse, in parte già destinate al Mezzogiorno, per avviare attività di bonifica e risanamento ambientale di zone prossime allo stabilimento; quota di tali risorse, inoltre, saranno destinate ad interventi di riqualificazione del tessuto industriale cittadino, attraverso l’attrazione di investimenti volti all’innovazione tecnologica. Complessivamente, si tratta di 336 milioni di euro, circa tre quarti dei quali stanziati dallo Stato e il resto dalla Regione.



Alcune risorse saranno destinate direttamente all’Iva?

No, non ci sono risorse pubbliche per lo stabilimento. L’attività di adeguamento tecnologico e impiantisco finalizzato all’adempimento delle prescrizioni della magistratura e a quelle della nuova Aia (Autorizzazione integrata ambientale) sono, ovviamente, totalmente a carico dell’azienda. Se così non fosse, d’altro canto, incorreremmo in procedure d’infrazione da parte dell’Europa.

Quindi, se l’Ilva continuerà a funzionare o meno, dipenderà solo dalla sua proprietà

Esatto. Il governo e il Parlamento, così come la magistratura e le istituzioni locali, hanno fatto la loro parte, rispondendo all’esigenza di sanare una situazione di inquinamento ormai decennale; ora tocca all’Iva effettuare quegli investimenti che per troppi anni ha disatteso. L’azienda, per il momento, ha stanziato circa 400 milioni di euro che serviranno, per esempio, ad abbattere le emissioni degli altiforni e realizzare la copertura dei parchi minerari. Riteniamo, tuttavia, che siano ancora sufficienti. Stiamo che servano almeno 1-2 miliardi di euro.



Per quanto vi riguarda, entro quando la legge approvata darà i suoi frutti?

A breve il governo nominerà il commissario straordinario per la gestione delle risorse stanziate e per il controllo della correttezza delle procedure. Auspichiamo, anzitutto, che tale nomina arrivi rapidissimamente e che il governo e il commissario diano vita ad un croniprogramma da attuare nel minor tempo possibile.

E a quel punto?

Se tutto andrà come deve andare, e se gli interventi saranno cantierizzati entro il 2012, verosimilmente entro 3-5 anni la gente della zona potrà riprendere a respirare serenamente. Speriamo, contestualmente, che l’Ilva metta in modo quegli investimenti che le consentiranno, ottemperando agli obblighi imposti dalla magistratura, di continuare a garantire il lavoro.  

A Taranto, in ogni caso, non c’è solo l’Ilva…

In effetti, c’è anche una raffineria dell’Eni e uno stabilimento della Cementir, un cementificio; va detto, anzitutto, che il loro impatto ambientale, nel corso degli anni, si è rivelato decisamente inferiore a quello dell’Ilva. Inoltre, già adesso, per queste aziende sono previste procedure di riqualificazione; ad esempio, una centrale dell’Eni a combustione a olio, presente all’interno dell’Iva ha presentato un progetto di riconversione a gas.

 

(Paolo Nessi)