Da Torino, a Milano, a Bologna, a Firenze, a Roma, fino a Palermo. Lo slogan utilizzato a livello nazionale è: “Contro crisi e austerità, tutti in piazza per difendere la scuola”. Leggendo le note dei giornalisti si incontrano gli intervistati di centri sociali e gruppi NO-TAV. A Torino il portavoce del Ksa, Kollettivo studenti autorganizzati medi, si noti la K per dare timbro forte alla parola collettivo. E si noti il medi come auto definizione identitaria, per dire studenti liceali. A Milano sono più semplici, l’intervistato è della Rete Studenti, certo non si definisce della rete dei centri sociali autoiccupanti. Ma la divisione in due cortei, con uno dedicato alla lotta contro Formigoni, l’altro dedicato alla lotta contro le  banche, fanno capire che gruppi precisi dirigevano. A Bologna striscioni di solidarietà con gli antifascisti arrestati in Grecia. A Palermo bruciano le schede elettorali e lanciano slogan contro la casta dei privilegiati della politica. Ovunque incombe la presenza NO-TAV.



Insomma, prove in svariate forme per saggiare il potenziale di ribellione utilizzabile nei prossimi mesi. E allora accettiamo questo laboratorio di piazza. Cosa succede, che conseguenze? Siamo in una tale crisi che si giustificano tutte le visioni negative. Siamo nel Paese dove persino  gli analisti  economici dicono ogni giorno “ stiamo togliendo il futuro ai nostri giovani”. Siamo governati in forma commissariata, senza la politica e dunque senza progetti e visioni di quel che si deve fare. Le manovre di risanamento economico sono le uniche azioni in corso. La politica per ora da solo spettacoli negativi.



Ci sono tutte le ragioni per i giovani di manifestare, di gridare la propria rabbia per tanta ingiustizia che si deve vivere. E’ ora di cambiare ! Ribellarsi è giusto. Ma io conosco da 50 anni il triste uso delle manifestazioni studentesche, che per diventare diffuse,  non sono mai spontanee. Ma ci sono sempre due parti: chi cerca di convogliare le manifestazioni su punti che interessano la propria parte politica, e quegli studenti  che si ritrovano facendo comitati o coordinamenti. C’è una spontaneità da far esprimere e con la quale si cerca di accendere il fuoco. Il problema dei manifestanti diventa: sappiamo dove stiamo andando?



Gli ingredienti offerti oggi nei cortei sono moltissimi: no alla costruzione dell’Alta Velocità, che appartiene alla logica dell’aumento delle produttività, ovvero dello sfruttamento delle risorse e del lavoro. No ai privilegiati della politica, che guadagnano molto ma non risolvono i problemi. No alla scuola privata, che ruba le risorse alla scuola pubblica. No alle banche, che mettono sopra di tutto la logica della speculazione finanziaria. No alla austerità nella spesa pubblica, che taglia i servizi invece di tassare i più ricchi. No alla polizia, che reprime i diritti di manifestare ovunque si voglia. No alla repressione del popolo greco che  aveva conquistato due mesi di ferie fra i dipendenti pubblici. E che ora si trova con grandi masse di affamati.

Insomma c’è attorno a noi tanta ingiustizia, è necessario impegnarsi nella lotta. Però bisogna costruire le basi di dialogo con le parti sociali e le autorità. Bisogna avere una descrizione ragionevole delle cose sbagliate e di quello che si dovrebbe fare. Ma questa ragionevolezza ci può essere solo negli operai dell’ILVA di Taranto, che devono salvare il loro posto di lavoro. Ci può essere solo fra chi chiede lavoro, e chiede che le relazioni permettano l’ingresso dei giovani nel lavoro. Ci può essere solo in quelli che cercano di dar valore ai loro studi, entrando in un mercato del lavoro che riconosce il merito e la buona formazione.

Bisogna diffidare di chi è contro la politica senza politica, contro le opere perché inquinanti, contro i privati perché ci hanno detto che solo ciò che è statale è giusto. Costoro sembrano ribelli totali, invece sono partigiani di una visione unilaterale che serve solo a conquistare un pezzo del potere.

E allora come si può protestare? Costruendo le ragioni della lotta. E questo si fa riconoscendosi reciprocamente come liberi dagli schemi, capaci di amicizia non dettata dallo schieramento, e dunque interessati a quel che appare ragionevole, intelligente, proponibile. I migliori ragazzi, di ogni generazione, sono diventati uomini facendo questa esperienza di libertà e di passione al vero.