L’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, è stato condannato a tre anni di carcere poi ridotti a 18 mesi. L’accusa per la quale è stato ritenuto colpevole è di essere “il Corvo” del caso Vatileaks, la vicenda della corrispondenza privata del Papa pubblicata nell’ultimo libro di Gianluigi Nuzzi, “Sua Santità”. Giuseppe Della Torre, presidente del Tribunale vaticano, ha reso nota la sentenza al termine di due ore di camera di consiglio. Il responsabile della Sala stampa vaticana, Padre Federico Lombardi, ha nel frattempo fatto sapere che il Papa Benedetto XVI “riceverà gli atti e li valuterà. L’eventualità della grazia è molto concreta e verosimile”. Ilsussidiario.net ha intervistato Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa.



Incominciamo dalla sentenza del Tribunale vaticano. Ritiene che sia equa?

E’ una decisione tutto sommato clemente, in quanto sono state applicate le attenuanti previste dalla legge 50 promulgata a suo tempo da Paolo VI. Lo stesso promotore di giustizia, cioè il pubblico ministero, è stato molto chiaro nel dire che non sono emerse prove di complicità o di suggeritori. E’ questa la verità processuale cui si è arrivati.



E’ stato un processo rapido …

Sì, anche perché è stato focalizzato soltanto sulla responsabilità di Paolo Gabriele per il furto dei documenti. Mentre è ancora aperto un processo stralcio, che vede imputato per favoreggiamento il tecnico informatico della segreteria di Stato, Claudio Sciarpelletti. E’ inoltre ancora in corso un’indagine per reati ben più gravi che vanno dalla violazione dei segreti di Stato all’attentato alla sicurezza dello Stato. Paolo Gabriele potrebbe essere imputato anche per questi ultimi reati.

Che cosa ne pensa del fatto che sia già stata ipotizzata la grazia?



Padre Federico Lombardi non parla mai a caso, e il fatto che abbia dichiarato che esiste la possibilità della grazia è la conferma di una notizia che circola già da qualche giorno, e cioè che il Papa abbia deciso di concederla. Ciò che non si sa è quando renderà operativa questa sua decisione. L’avvocato di Paolo Gabriele ha infatti tre giorni prima di proporre un eventuale appello. Le parole di Lombardi, seppure come sempre prudenti, sono molto chiare in quanto ha parlato di “probabilità e verosimiglianza”.

Paolo Gabriele ha dichiarato di avere agito “per esclusivo amore per la Chiesa di Cristo e per il suo Capo visibile (il Papa, Ndr). Se lo devo ripetere non mi sento un ladro”. Non sono le parole di un uomo pentito …

Queste parole vanno messe in relazione con il fatto che durante il suo interrogatorio si era dichiarato innocente per il reato specifico, cioè quello di furto aggravato. Aveva però aggiunto: “Mi rendo conto di avere tradito la fiducia del Papa al quale guardo come a un padre”. Ha espresso quindi la consapevolezza del fatto che la sua azione abbia tradito Benedetto XVI. Ieri ha ripetuto che non si sente un ladro e che il suo movente era un altro.

 

E’ riuscito almeno in parte a convincere i magistrati vaticani?

 

Il presidente del Tribunale, Giuseppe Dalla Torre, nel dispositivo della sentenza ha dimostrato di tenere conto delle affermazioni di Paolo Gabriele, sottolineando che pur trattandosi di un comportamento erroneo, a causarlo non è stata la volontà di arricchirsi. Né il tribunale né la pubblica accusa hanno dunque messo in dubbio il movente manifestato da Paolo Gabriele. Non si può dire quindi che non ci sia il pentimento, ed è questo il motivo per cui ha ottenuto le attenuanti con la riduzione della pena a un anno e mezzo.

 

Può spiegare meglio qual è stato il movente di Gabriele?

 

Dal processo e da quanto conosciamo degli atti giudiziari, è emerso che l’ex maggiordomo ha sempre dichiarato che ciò che lo ha convinto a consegnare i documenti a Gianluigi Nuzzi è stata la volontà di provocare uno shock mediatico. Per Gabriele il Papa non era bene informato e dunque bisognava fare uscire questi documenti riguardanti pagine complicate, discusse o poco trasparenti della vita interna alla Santa Sede.

 

E quali sono state le conseguenze?

 

Se c’è una cosa che non ha aiutato il Papa è stato il caso Vatileaks, che al contrario lo ha fatto enormemente soffrire. Per la Santa Sede la vicenda ha avuto effetti negativi di vaste proporzioni, anche se il Papa emerge da quegli stessi documenti come una grande figura. Benedetto XVI però non è stato di certo aiutato dal fatto che il Vaticano sia apparso come un luogo nel quale non è rispettata neppure la privacy dello stesso Santo Padre, come pure dalla grande attenzione culminata con la pubblicazione del libro di Gianluigi Nuzzi.

 

(Pietro Vernizzi)