In Italia, nel giro di un solo anno, si contano ben 327 mila casalinghe in meno (15-64 anni). A rivelarlo è un’indagine Istat riguardante il secondo trimestre di quest’anno, da cui emerge come il numero delle casalinghe presenti nel nostro Paese sia passato a circa 4 milioni 562 mila da quasi 4 milioni 890 mila dello stesso periodo del 2011 (-6,7%). Molto probabilmente la causa è ancora una volta la crisi economica, che costringe ad affacciarsi sul mercato del lavoro anche molte donne che prima potevano permettersi di badare solamente alla casa. Inoltre, confrontando gli ultimi dati con quelli relativi al secondo trimestre del 2007, si nota che il ribasso risulta addirittura di quasi mezzo milione (-478 mila, pari a -9,5%). Il numero delle cosiddette inattive, né occupate né disoccupate, che dichiarano di essere casalinghe, scende soprattutto tra le più giovani, con le under 35 in ribasso dell’8,3% in un anno (a 711 mila da 775 mila). Anche se in decisa diminuzione il numero delle massaie in Italia comunque appare alto (7 milioni 605 mila considerando il totale, ovvero dai 15 anni in poi). La stessa indagine Ista rileva invece che iniziano ad affacciarsi i casalinghi, circa 70 mila in età lavorativa sempre nel secondo trimestre del 2012 (dai 51 mila dello stesso periodo dello scorso anno). Sempre riguardo agli effetti della crisi economica sulle famiglie italiane, una recente ricerca condotta dal Centro Europa Ricerche (Cer) in convenzione con l’Ires Cgil, ha evidenziato che il reddito disponibile delle famiglie italiane ha subito, e lo farà almeno fino al 2014, un netto crollo dall’inizio della recessione. La contrazione che ha perso avvio nel 2008 si protrarrà infatti fino al 2014 e, nell’analisi dell’andamento del reddito disponibile delle famiglie italiane lungo sette anni (2008-2014), lo studio mostra che la contrazione che verrà registrata quest’anno sarà la più forte di sempre, pari al -4,3%. E’ lo stesso rapporto a spiegare che proprio in questa contrazione “si stanno volatilizzando tutti i guadagni realizzati a partire dal 1996”, così come per dimensioni e durata, questa flessione del reddito disponibile “non ha paragoni nelle serie storiche del dopoguerra”.
Il risultato, spiega quindi il segretario confederale, Danilo Barbi, “è che sempre più ci allontaniamo da una situazione di semplice recessione, per entrare in condizioni di vera e propria depressione economica”.