«Siamo il Paese che ha la percentuale di famiglie con tre figli sotto la linea della povertà più alta d’Europa. Per noi in Italia avere un figlio significa rischiare la povertà: non mi sembra sia qualcosa degno di un sistema sviluppato». A dire così è Francesco Belletti del Forum delle famiglie durante una conversazione con Ilsussidiario.net. Il tema è quello riportato di recente da uno studio su diversi capoluoghi di provincia sparsi per tutta Italia: lo studio rende noto che gli asilo nido comunali sono sempre più costosi con una spesa media per una famiglia di circa 300 euro al mese per un figlio, Una cifra che diventa su dieci mensilità circa 3mila euro all’anno, tenendo conto che poi si registrano punte, ad esempio nella città di Lecco, persino di 547 euro al mese. Altro problema che risulta dallo studio è il prolungarsi delle liste di attesa: un bambino su quattro non riesce ad entrare all’asilo nido della sua città. Secondo Belletti è necessario individuare modelli nuovi e alternativi agli asilo nido pubblici, perché non solo i soldi da parte delle amministrazioni non arriveranno mai, ma anche perché è dimostrato che la gestione non pubblica già oggi costa di meno.
Le cifre di questa indagine parlano di un problema per le famiglie davvero pesante. Quali strade si possono percorrere per risolverlo?
La prima sfida è quella dell’efficienza e della sussidiarietà perché oggettivamente la gestione non pubblica di queste strutture appare più economica. Significa anche avvicinare l’offerta alle esigenze delle famiglie, recuperando più flessibilità.
Cosa intende con flessibilità?
Il tema è come migliorare la gestione pubblica e promuovere un sistema misto. Un tema molto importante proprio perché il bisogno di una offerta di asili nido è ancora molto rilevante per molte zone del paese. Probabilmente bisogna inventarsi delle nuove forme meno istituzionali, meno rigide e più flessibili, che siano meno costose e più appropriate nei confronti delle esigenze delle famiglie. Credo sia questa la vera scommessa del nostro Paese.
Secondo lei, gli aumenti costanti degli asilo nido è dovuto anche alla crisi economica che stiamo attraversando?
Credo che gli aumenti più recenti abbiano un rapporto diretto con una diminuzione delle risorse molto significativa. Per cui ovviamente se manca il finanziamento del pubblico in termini di bilanci regionali, di fondo nazionale, al comune non resta che scaricare sugli utenti il costo del servizio. Questa è una situazione che va rovesciata cambiando le regole precedenti. Bisogna mettersi in testa una cosa molto semplice: i soldi pubblici non ci saranno neanche in futuro.
Per cui?
Per cui la sfida per la Pubblica amministrazione è quella di trovare modelli più leggeri e anche migliorare la differenziazione dell’offerta. Ci vogliono più servizi per la prima infanzia come asili condominiali, centri gioco, spazi gioco pomeridiani e non solo l’asilo nido classico con lo standard rigido che è un modello che serve in molti contesti, ma che in molti altri non possiamo più permetterci.
Secondo lei, un discorso di agevolazioni fiscali per la famiglia può essere affrontato a livello nazionale o anche a livello locale?
Ritengo sia necessario che tutti i livelli della pubblica amministrazione mettano mano al sostegno della famiglia, con le loro responsabilità. Se avessimo una politica fiscale nazionale che riconosce i carichi della famiglia per cui ti tolgo certe cifre ad esempio in caso di due figli, allora si farebbe la differenza. L’aumento del costo dei servizi sarebbe allora meno drammatico. Siccome non è così allora un piccolo sostegno dal comune, uno dalla regione e uno dallo Stato permetterebbe alla famiglia di sostenerla in un periodo di grande difficoltà come quello che stiamo attraversando.
Un sostegno alla famiglia che però manca.
Un impegno a cui io chiamerei tutti gli amministratori a tutti i livelli nel pensare alle politiche familiari come priorità assoluta per le nuove politiche di welfare. Sostenendo le famiglie con figli si fa anche grande azione di prevenzione della povertà. L’Italia è il Paese che ha la percentuale di famiglie con tre figli sotto la linea della povertà più alta d’Europa. Avere un figlio oggi significa rischiare la povertà, non mi sembra sia un qualcosa da sistema sviluppato.