“Beh, prendere il tè con il Papa non è certo cosa che capita tutti i giorni, quindi mi scuserà se sono ancora un po’ emozionata e confusa”. Mi siedo, e sul tavolo ci sono ancora i biscottini, le tazze e una fetta di strudel. Benedetto XVI si è alzato da poco da questo tavolinetto a casa della signora Maria, dove è rimasto a conversare con lei e con una amica, e ha incontrato gli altri ospiti della palazzina, ed è tornato in Vaticano, dicendo: “Esco da questa visita ringiovanito”. Ringiovanito, dopo aver passato qualche ora in una casa per anziani.



Maria ha gli occhi dolci, i capelli curati, un sorriso morbido da vecchia zia. E la fede. “Mi rendo conto adesso, che lei me lo chiede” mi dice “che non ho quasi fatto parlare il povero Papa: gli abbiamo raccontato, io e la mia amica Giovanna, la nostra vita. Le difficoltà che incontriamo, quelle che abbiamo avuto. E il fatto che però la fede accompagna i nostri giorni, e che per questo non c’è tristezza. Lui ascoltava con attenzione, ha mangiato un biscotto, e ci ha detto che era davvero felice di essere stato qui, che questa visita nella casa degli anziani gli stava dando molto”.



Un giorno qualsiasi della settimana, ma non c’è nulla di ordinario oggi nella casa degli anziani del Gianicolo, a via Nicolò Fabrizi 2. Le previsioni avevano annunciato pioggia, in molte zone d’Italia c’è il disastro, però da quando il Papa è arrivato nemmeno una goccia. Ma oggi, il mondo è alla rovescia: i protagonisti sono quelli che la società ignora, gli anziani, spesso un inciampo, non solo per le persone ma anche per la politica e le istituzioni.

Mondo alla rovescia: la gente che si è assiepata per ore fuori da questa casa, molti tra loro i giovani, invidiano quelli che possono, dentro, senza nessuna formalità, incontrare e parlare con il Papa. E poi, che strano che è, questo pontefice tedesco: non ha la simpatia dei Mass Media, che da anni lo trattano come mai era successo con nessun papa nei tempi moderni, ma è adorato dal mondo cattolico, che accorre alle sue udienze e Angelus più numeroso che con l’amatissimo Giovanni Paolo II; si dice che Ratzinger non abbia nemmeno lontanamente la capacità comunicativa del suo predecessore, ma ogni volta che è fuori dal protocollo vaticano, stupisce e tocca il cuore di chi lo incontra e lo vede. Così accade oggi, in Via Nicola Fabrizi 2, dove non c’è un Pontefice che incontra una categoria, gli anziani, ma un vecchio uomo che è diventato papa che incontra altri vecchi, ed è uno sguardo di reciproca simpatia, quello che si scambiano. Uno sguardo umano.



“Vengo tra di voi come vescovo di Roma, ma anche come anziano in visita ai suoi coetanei” dice. E ride agli scherzi, accarezza amorevolmente chi è più colpito nella salute, parla e ascolta le loro storie, tante e diverse, a tratti si commuove. Passa da una stanza all’altra, da un appartamento all’altro, non come un capo di stato che passa in rassegna i sudditi, o un capo di governo che cerca consenso, ma come un uomo vicino a uomini spesso dolenti per la vita che si è fatta faticosa. Ma che della vita hanno capito molto. Ogni stanza, ogni appartamento, una storia. Una vita raccontata, anche se è molto più grande, in poche parole.

Gli presentano Margherita, che è stata professoressa di storia dell’arte. Ha insegnato ad alcuni dei volontari che lavorano qui. “Quando è stata male, l’abbiamo portata in questa casa”. “Avete fatto bene”, dice Ratzinger, che le sorride e le parla dei libri di Caravaggio che vede su un tavolo, sopra quelli del Beato Angelico. Lei gli vuole baciare le mani, e la devono sorreggere mentre, in piedi, si china sulle mani del Papa, sul suo anello che ha il simbolo dell’autorità di Pietro. Poi, Benedetto XVI cambia appartamento, e va da Vincenzo: “E’ il più giovane”, gli dicono, “ha solo 73 anni”. “Ma allora è giovanissimo”, scherza Benedetto XVI, “ha ben 15 anni meno di me”. Ma il Papa, infallibile in altre materie, sulla propria età si sbaglia: lui, di anni, ne ha “solo” 85, non 88. 

Altro appartamento, gli presentano Vincenzo e Sandro: muratori e asfaltisti che si sono ammalati e non potevano più vivere da soli, e sono arrivati qui. “Il Signore è stato buono con noi”  dice loro il Papa “abbiamo nella vecchiaia degli amici per vivere bene”. Poi gli presentano Felicetta, capelli candidi e il vestito delle feste: “Caro Papa”, gli dice lei stringendogli affettuosamente le mani e dandogli del tu, come un parente che non si incontra da tanto, ”come siamo felici di vederti”. E lui, sorridendo,“Anche io sono felice”. In una grande sala ci sono sono Mario e Anna, che in istituto organizzano i pasti per gli anziani che non hanno parenti e anche per anziani soli a casa: “Sa, spesso sono soli e sono tristi, Santo Padre”, gli dice Mario, “ma la domenica sono pieni di gioia perché…”. Il Papa continua la frase: ”Perché stanno insieme, è il giorno del Signore” dice. E Mario: ”Sì , e soprattutto, perché mangiano bene”. Ratzinger alza le mani al cielo e scoppia a ridere, non se lo aspettava .

Pierina aiuta i Bambini Rom, vive a Tor de Cenci, e parla al Papa dello sgombero: “E’ stato terribile, anche i bambini”, racconta. “Poveri bambini”, esclama il Papa, abbassando la voce, mentre un raggio di sole gli illumina parzialmente la veste. E Pierina: “Continuerò ad andare a trovarli anche lì dove li hanno portati”. Ratzinger la guarda negli occhi, contento: “Brava. Le sono grati, eh?”. Per tutto il dialogo, Ratzinger tiene strette strette tra le sue la mani di Pierina, come a dirle di portare anche un po’ di lui, ai bambini Rom. Capelli bianchi, i suoi che escono sotto lo zucchetto e bianchi quelli delle persone che incontra. Colpiscono, quei capelli che accumunano il Papa e persone prive di tutto, nella vita, colpiscono le mani. 

“Quell’incontro tra il dito di dio e il dito dell’uomo”, aveva detto Ratzinger qualche giorno prima, sotto le volte della cappella Sistina, 500 anni esatti dopo la sua inaugurazione, alzando una mano verso l’alto, con un dito teso, proprio come era ritratto lì sopra Adamo che stende la mano verso il dito di Dio che dà vita e senso “mostra con evidenza che il mondo non è il prodotto dell’oscurità, del caos e dell’assurdo, ma deriva da un atto d’amore: Dio è in rapporto con la sua creature”. E oggi, qui sono le mani le protagoniste. Per tutto il tempo intrecciate, le mani di Benedetto XVI e quelle degli anziani che visita. Mani di un uomo che incontra uomini e donne, mani di un Papa che stringe mani di quelli che Dio gli ha donato come figli, anche se sono più anziani.

Come Enrichetta, che di anni ne ha 91 e aveva già sei anni, quando Ratzinger è nato, in una nazione lontana. Ora le loro strade si intrecciano, qui in una casa del Gianicolo. Lo saluta a nome della comunità: “Ho imparato tante cose dall’amicizia con tanti giovani e non giovani come l’aiutare chi e’ piu’ debole di me – gli dice -. Ho imparato a difendere la vita, anzitutto quella degli anziani abbandonati dalle loro famiglie, andandoli a trovare nei loro istituti e lottando con la Comunità per loro. Non mi sento inutile. Negli anni non mangio più tanto, ma la preghiera è il mio alimento principale”. 

Il Papa incontra Attilia, che di anni ne ha più di cento. Ratzinger, come un nipotino, stringe anche a lei le mani tra le sue, poi entra nella stanza di due donne di 90 anni. “Hanno perso marito e figlio”, gli dicono, “e sono venute da noi”. Benedetto segna loro la fronte, con un segno di croce. Gli presentano Maria, che è nata a Sotto il Monte, il paese di Roncalli. “Lei ha conosciuto Papa Giovanni XXII, allora”, gli dice Ratzinger . “Sì”, risponde Maria, seduta in una sedia e con i tubi che gli entrano nel naso. “Da tre anni fa alimentazione assistita” gli dice una assistente della casa, “ma è felice”. E il Papa: “Sì, perché ci sono le vostre mani buone”. Maria annuisce.

Mani buone, quelle dei volontari – giovani, di mezza età e anche anziani – che aiutano questi vecchi ad affrontare la vita. A mantenerne la dignità, in qualsiasi condizione. C’è una famiglia di Haiti. Con lo Tsunami hanno perso tutto, anche tutti i parenti, non gli è rimasto nulla. Ma hanno incontrato uomini afferrati da Cristo, che hanno afferrato anche loro, e li hanno portati qui, dove ci sono mani buone. 

La casa “Viva gli anziani” è bella, allegra, quadri ai muri. Ed è una casa molto particolare: è gestita dalla comunità di Sant’Egidio, una palazzina con uno splendido giardino al Gianicolo, una zona di lusso di Roma. Un’isola felice, forse, ma i responsabili della comunità approfittano della visita del Papa per parlare, cifre alla mano, di un loro progetto: “Basterebbero 50 centesimi al giorno per ognuno”, mi dice Mario Marazziti, uno dei responsabili, “perché ogni anziano di Roma potesse essere assistito a casa, senza entrare in istituti o ospedali. E se il progetto parte anche in una sola regione, poi diventa un riferimento per tutti, perché si vede che si può fare”.

Una casa che è il tentativo, esempio tra i tanti altri portati avanti in Italia dal mondo cattolico, di stare vicino a chi ne ha più bisogno, per quella sovrabbondanza di gratitudine che prova chi incontra il senso di sé e del mondo. 

“Conosco bene le difficoltà, i problemi e i limiti di questa età” dice il Papa, che realisticamente aggiunge “e so che queste difficoltà, per molti, sono aggravate dalla crisi economica”. Poi continua, sempre mettendosi nel novero degli anziani: “Ma vorrei dire a tutti gli anziani, pur nella consapevolezza delle difficoltà che la nostra età comporta, che è bello essere anziani. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza. Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche acciacco. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza. Quando le giornate sembrano lunghe e vuote, con difficoltà e pochi impegni e pochi incontri, non scoraggiatevi mai: voi siete una ricchezza per la società, anche nella sofferenza e nella malattia”.

E poi, quella frase: “La preghiera degli anziani può proteggere il mondo, aiutandolo forse in modo più incisivo dell’affannarsi di tanti”. Parole di un Papa anziano, che indicano uno sguardo diverso sulla realtà: c’è un altro mondo, in questo mondo.