Nelle scuole cattoliche del Belgio, come è emerso dalla cronaca qualche tempo fa, gli studenti di fede musulmana sono sempre più numerosi, tanto che in alcune città come Anversa sfiorano il 50 per cento degli iscritti. Un chiaro segno della preferenza accordata dalle famiglie islamiche agli istituti privati cristiani rispetto a quelli pubblici. Al punto che Etienne Michel, capo del segretariato generale delle scuole cattoliche in Belgio, si è chiesto pubblicamente: “E’ giusto, se la maggioranza degli allievi di una scuola cattolica crede in Allah, non permettere loro di seguire un corso sull’Islam?”. Ilsussidiario.net ha raccolto l’opinione di Mario Mauro, presidente della delegazione del Popolo della Libertà al Gruppo del Ppe al Parlamento europeo.
Onorevole Mauro, come si spiega la preferenza accordata dai musulmani alle scuole gestite dai preti?
Non è la prima volta che il sistema educativo cattolico si dimostra in grado di superare qualsiasi pregiudizio, e in alcuni casi perfino l’odio etnico. Durante la guerra dei Balcani, nella Sarajevo assediata dai serbi, rimase aperta una sola scuola: quella cattolica presieduta dall’arcivescovo Vinko Puljic, in seguito nominato anche cardinale. La scuola era frequentata anche dagli studenti musulmani, ed era l’unico luogo dove i ragazzi islamici, cattolici e serbi ortodossi convivevano pacificamente.
Che cosa rese possibile tutto ciò?
Il fatto che quella scuola, sulla base del cattolicesimo vissuto, favoriva la convivenza civile e la mutua comprensione delle ragioni degli altri. Quella di Sarajevo è l’immagine della scuola cattolica tout court, cioè di una esperienza che si offre continuamente alla possibilità che la persona cresca secondo un progetto educativo che non è mai ideologico.
E quindi?
Così si spiega la ragione per cui mettendo sul piatto della bilancia la proposta delle scuole cattoliche e l’offerta laicista che viene dalle scuole pubbliche, il paradosso si realizza fino in fondo e i musulmani scelgono le prime. Le scuole statali in astratto sono neutre come qualsiasi istituzione pubblica, ma non di rado a prevalervi è un’impostazione ideologica. I musulmani preferiscono quindi frequentare una scuola promossa da un’altra religione, perché è più attenta e più vera nel rapporto con le ragioni dell’altro.
L’interesse dei musulmani per le scuole cattoliche è un fenomeno soltanto europeo?
No, esiste anche in Paesi come l’India, dove non dobbiamo dimenticare che moltissimi studenti musulmani frequentano le scuole cattoliche perché si sentono discriminati in quelle statali dove vige un punto di vista più consono alle maggioranze indù.
Etienne Michel ha proposto di tenere dei corsi sull’islam nelle scuole cattoliche, Lei è d’accordo?
Non trovo nessuna coerenza tra questa proposta e quanto detto finora. Il problema non è tanto organizzare dei corsi sull’islam, quanto piuttosto fare sì che il progetto educativo di una scuola sia aperto e appassionato al destino di qualsiasi studente, sia esso musulmano o di qualsiasi altra religione. Non esiste alcun nesso logico tra l’impegno a non discriminare gli studenti islamici e il fatto di promuovere la conoscenza dell’islam.
La notizia sulle scuole cattoliche frequentate dai musulmani è la dimostrazione del fallimento del modello della scuola laicista?
Non è un fallimento delle scuole dello Stato, che si reggono sul presupposto della diffusione capillare dei percorsi educativi, un’idea quindi del tutto condivisibile. Il problema è ben diverso. Nelle scuole di Stato non di rado ha finito per affermarsi una linea di natura ideologica che non è ascrivibile all’amministrazione, ma all’approccio che hanno molti insegnanti.
In che cosa consiste questo approccio?
Alcuni docenti anziché lavorare per fare della scuola pubblica un’istituzione che si apre alle ragioni di tutti, hanno come unico ideale una struttura che propaganda l’“ideologia del muro bianco”. Sono cioè convinti che si debba escludere ogni valore, in quanto non appena questo è presentato nelle scuole diventa una forma di violenza nei confronti della cultura degli altri. Il caso francese è quello in cui più che altrove si riflette quella contraddizione. Non a caso la presenza massiccia di studenti nelle scuole cattoliche non riguarda soltanto il Belgio, ma innanzitutto la Francia.
Le scuole statali hanno da imparare da quelle cattoliche?
Sì, perché nelle persone c’è una forte esigenza di avere valori che non solo siano condivisi, ma in grado di mobilitare il cuore delle persone. Del resto la riflessione su questo dato di fatto è un monito anche per le stesse scuole cattoliche.
(Pietro Vernizzi)