Da tempo si stanno moltiplicando le obiezioni all’austerità, culminate con il primo sciopero europeo di mercoledì. Tutti vorremmo evitare l’austerità, così come vorremmo evitare l’inquinamento, la disoccupazione, le malattie, ma non basta dire no. Sarebbe troppo comodo. Di fatto chi si oppone a qualcosa finisce per fare scelte che comunque non sono neutrali.



Molti dei nostri problemi nascono proprio da una serie di no pronunciati nel corso degli anni e che ci hanno portato all’attuale situazione. Dicendo no al nucleare e a una sana politica energetica oggi abbiamo uno dei costi per l’energia tra i più elevati che ci penalizza e che rende davvero difficile l’esistenza di industrie ad alto consumo energetico. Dicendo no alle discariche e non attivando una vera raccolta differenziata finiamo per esportare all’estero i rifiuti, facendo pagare alla cittadinanza un costo altissimo per lo smaltimento. Tanti altri no hanno contribuito a peggiorare la situazione nel medio lungo periodo con l’illusione di migliorarla nel breve.



Poiché la crisi durerà ancora a lungo, è importante capire a cosa si dice di sì. Dietro a ogni no, poiché la vita non si arresta, c’è una realtà che emerge come frutto di quel no. Ecco allora l’importanza di capire dove potrà venire una risposta adeguata, che sarà sempre un sì, perché la vita si realizza attraverso scelte concrete. Talvolta è importante dire dei no, ma il no, anche nel migliore dei casi, è una risposta parziale. Può bloccare un danno, interrompere una serie negativa, ma poi bisogna costruire.

Per questo occorre non fermarsi alla negazione, ma capire cosa si afferma. La vera opposizione è un’affermazione. Il vero no all’austerità è un sì allo sviluppo. Solo abbracciando e valorizzando quanto di positivo sta intorno a noi possiamo contrastare l’austerità. Per una effettiva opposizione occorre dire alcuni importanti sì.



1) Sì all’educazione e al cambiamento – La vita cambia e noi dobbiamo non solo accettare, ma capire e pilotare il cambiamento.?La scuola e gli altri luoghi di vita (fabbriche, quartiere, parrocchie) possono essere fattori importanti di cambiamento se sapranno accompagnare le persone e fornire ragioni adeguate.

2) Sì al lavoro che crea lavoro Quando si lavora per il bene comune si creano le premesse perché sia più facile anche il lavoro degli altri. Occorre ripensare ai nostri bisogni e trovare modalità adeguate per rispondervi, evitando l’assurdo di avere da un lato una grande quantità di bisogni insoddisfatti e dall’altro una grande quantità di risorse umane inutilizzate.

3) Sì all’Europa e alle nostre tradizioni? – L’Europa non può essere quella dei burocrati e dei regolamenti, ma deve diventare il luogo che custodisce e sviluppa le nostre tradizioni e i nostri bisogni.?Non si possono tagliare i finanziamenti a progetti importanti quali Erasmus, la solidarietà, la ricerca ma occorre, al contrario, ripensare come ridare slancio a tutte queste nuove iniziative.

In conclusione, una ripresa non potrà che avvenire ponendo la persona al centro dello sviluppo. Solo ritrovando le ragioni di una solidarietà e assumendosi la fatica di affermare un positivo si potrà ripartire. Contestare è difficile e non basta dire no.