«L’approvazione della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia rappresenta senza dubbio un importante cammino verso la piena realizzazione dei diritti del bambino. Un percorso inesauribile, lungi dall’essere concluso, che probabilmente richiederà sempre un costante miglioramento». Insieme a Claudia Mazzucato, docente di Diritto penale presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica, commentiamo l’odierna Giornata mondiale per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, appuntamento che Google ha voluto celebrare con un nuovo logo creato apposta per l’occasione. Una giornata in cui viene ricordato il 23esimo anniversario della approvazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proprio il 20 novembre 1989 a New York. «La Convenzione – continua a spiegarci la Mazzucato – ha avuto una grande importanza per una serie di ragioni».
Quali? Innanzitutto rappresenta il primo strumento giuridico internazionale vincolante riguardante i diritti dei minori. Anche prima esistevano diversi strumenti giuridici, come la dichiarazione di Ginevra del ’59, ma non impegnavano gli Stati sul piano del diritto internazionale e del diritto interno. I Paesi che invece hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione si sono impegnati a rispettarla e a tradurla nel diritto interno. Basti pensare che tale strumento è uno dei patti che vanta la più universale partecipazione: a New York, infatti, quasi tutti i Paesi del mondo hanno adottato tale Convenzione salvo due, la Somalia e gli Stati Uniti, che comunque hanno firmato il testo. Questo solo per capire quanto la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia sia stata capace di raccogliere intorno a sé il mondo intero.
Cosa può dirci dei suoi contenuti? Contiene in sostanza il minimo comune denominatore riguardo la protezione dell’infanzia nel mondo. Il testo può essere considerato una sorta di tavola “base” su cui ogni Stato può impegnarsi per fare ancora di più. E’ uno strumento che indica quel minimo sotto cui non si può andare e che rappresenta comunque un livello assolutamente dignitoso e importante per la difesa del minore. C’è poi un altro aspetto che vorrei sottolineare riguardo quest’opera che ha richiesto anni per essere scritta.
Quale? Probabilmente la caratteristica più interessante è che la sua creazione ha necessariamente portato tantissimi Paesi a un importante confronto culturale, in cui tradizioni e luoghi completamente differenti tra loro hanno scelto di convergere attorno alla figura del minore e insieme arrivare a scrivere un testo talmente importante de riuscire a superare ogni ostacolo culturale.
In che modo però questa Convenzione può essere applicata concretamente da ogni Stato? La concretizzazione richiede un grande lavoro da parte di ogni Stato perché, come sempre nell’ambito dei diritti umani, si rischia che poi questi non vengano rispettati. Realizzare quanto scritto nella Convenzione non è facile, soprattutto perché molte delle disposizioni enunciate hanno un contenuto programmatico, che quindi disegna un orizzonte verso il quale ogni Paese dovrebbe orientarsi senza però dare un’indicazione analitica sul da farsi. Questo può però essere considerato sia un limite che una virtù della Convenzione.
Come mai? E’ ovviamente un limite perché, non essendo sempre possibile precisare in termini prescrittivi che cosa di debba fare, si rischia che il diritto rimanga solamente una mera affermazione. Dall’altro lato, però, può essere considerato positivo il fatto che in questo modo si chiede ai Paesi membri di modificare il vivere civile orientandolo verso il raggiungimento degli obiettivi riportati nella Convenzione. Senza alcuna retorica, è indubbio che se un Paese si impegna concretamente a realizzare i diritti dei bambini, di conseguenza sarà tutta la società civile a crescere.
Su quali punti è necessario ancora lavorare? A livello globale credo sia necessario lavorare maggiormente affinché vi sia una più chiara equità di realizzazione e implementazione di questi diritti nei vari Paesi. E’ quindi di primaria importanza che il rispetto di tali diritti sia esteso a tutti i bambini del mondo e non solo a quelli di alcuni Paesi, ovviamente dei più sviluppati.
Cosa perfezionerebbe invece in Italia?
Premesso che il nostro Paese possiede una buona legislazione minorile, credo che si potrebbe fare di più per favorire l’emergere di una sensibilità collettiva a favore dell’infanzia che non sia semplice retorica. Dico questo perché è facile parlare del “superiore, preminente, interesse del minore” e della sua protezione, ma è ben più difficile realizzarli nel concreto, nella quotidinanità e chiaroscuralità di tante situazioni difficili in cui i minori possono venire a trovarsi. Nel tempo l’Italia ha fatto molto, da ultimo introducendo la figura del garante dell’infanzia e dell’adolescenza, ma sono dell’idea che si possa lavorare ancora di più sulla consapevolezza e la professionalità degli operatori coinvolti che, pur essendo molto buona, a volte non riesce a porsi nel miglior dei modi di fronte alla complessità (e talvolta alla drammaticità) delle situazioni riguardanti i minori. Credo poi che si debba fare di più a favore dei minori stranieri. Infine, è fondamentale l’impegno della società nel suo complesso e in particolare degli adulti.
In che modo? Soprattutto in un momento come quello attuale, in cui il mondo degli adulti vacilla sul piano economico, politico e istituzionale, è quanto mai necessario riuscire a far sentire una maggiore responsabilità degli adulti verso bambini e adolescenti, con l’obiettivo di arrivare a dare realmente il buon esempio. Il rischio, e lo dico anche in questo caso senza alcuna retorica, è che i giovani che abbiamo di fronte non vorranno di fatto diventare adulti, se questi ultini non sono capaci di rappresentare modelli imitabili.
(Claudio Perlini)