Gli incubi vengono quando di solito mangi male oppure “pesante” (come dicevano i nostri vecchi) che poi è la stessa cosa. Fai invece bei sogni (e non voglio parafrasare il libro di Massimo Gramellini) quando mangi con soddisfazione, e chi ha cucinato lo ha fatto senza esagerare sui soffritti e su cotture che poi diventano nocive per la digestione. Davide Oldani, ad esempio, non fa il soffritto per il suo risotto, che poi ha smesso di chiamare risotto per ribattezzarlo zafferano e riso, proprio per esaltare il valore della spezia preziosa che gli produce un giovane alle porte di Milano: un chilogrammo e mezzo di oro rosso l’anno e un’azienda che si chiama Zafferanami. Ma nel parco Sud di Milano fanno anche il caviale e per questo bisogna andare all’azienda Pisani Dossi di Cisliano (Mi), dove c’e un altro giovane convinto. Giovane era anche Fides Marzi Hatungimana quando dal Burundi dovette scappare per poi essere adottata da una maestra di Sondrio. E qui ha studiato fino a specializzarsi in veterinaria. Il suo primo lavoro è stato all’Apa, l’associazione provinciale allevatori di Sondrio e oggi è considerata una delle massime esperte casearie della Valtellina. E ha un sogno: fare qualcosa per il suo paese dove non è più potuta tornare. Ma anche Simone Morandi di Bagolino ha una storia incredibile, quando a 18 anni ha fatto la sua scelta di vita: fare il malgaro per poi produrre il Bagoss. Tutte storie che abbiamo raccontato nei giorni scorsi a Golosaria a Milano, che non è stato solo un incontro fra 200 produttori di cose buone, tra cibo e vino e 25mila persone. E’ stato anche l’accento posto su queste storie e su queste passioni, le stesse che in maniera ancora più clamorosa – come ha scritto nei giorni scorsi Antonio Intiglietta – verranno raccontate all’Artigiano in Fiera a inizio dicembre, fra una decina di giorni. Be’, intanto guardate questi video che ho girato fra gli artigiani di Milano. Certo, le fiere sono una cosa strana: nel mezzo di tanto entusiasmo, ho ricevuto anche le mail di due persone che si sono dette deluse perché c’erano meno espositori dell’anno precedente. E invece erano più del doppio. A quale fiera saranno andati? Vivere una kermesse del genere è qualcosa di speciale, soprattutto in prima persona: sembra di assaporare di più un vino o un pane. Per seguire il ritmo degli eventi, ho spesso rischiato di saltare il pranzo, ma che buono il pane di Marinoni con la mortadella o la sua focaccia calda appena sfornata.
E poi il prosciutto crudo di D’Oggiono, in particolare il carpaccio celtico che è un’opera d’arte. Venerdì sera siamo stati a cena alla Maniera di Carlo, che è una nuova corona radiosa in Milano, e quel piatto di rollatina di tacchino ripiena di guanciale e pecorino con crema di topinambur era superbo. Domenica sera, nella memoria dei locali aperti a Milano, so che molti sono andati alla pizzeria Rita e Antonio di via Puccini, premiata a Golosaria. E hanno mangiato una buona pizza, mentre io sono stato con Marco Gatti a mangiare la cassoeula alla Grangia di Settala, una sosta radiosa, dove trovi ancora la purea, il cotechino e poi quella bistecchina impanata che mi sono sognato anche di notte. Lunedì sera, anziché godermi una sosta in famiglia, eccomi in viaggio per Roma: alle 22,30 ero da Danilo, la mia osteria del cuore, a mangiare i tagliolini cacio e pepe, fantastici, e l’agnello con menta e pecorino. Anche Danilo era appena tornato da Golosaria Milano, ed era felice. Il giorno dopo, ero a un convegno sul fantastico mondo dell’ortofrutta, con il professore Roberto della Casa, che ci ha spiegato il successo francese del vino in bag in box da tre litri. In Francia? Sì, perché lo hanno comunicato in maniera giusta, non come da noi per cui quel tipo di vino sembra una soluzione di serie C. Già, la comunicazione, il successo di tutto sta proprio lì: nel saper comunicare cosa stiamo per incontrare. Io l’ho fatto mentre presentavo i volti di Golosaria, e alla fine, pensate un po’, ho convinto i sommi Aimo e Nadia ad andare a San Donato Milanese alla gelateria San Giuda. Ma se continuo il racconto va a finire che riscrivo qui il mio Golosario.