In occasione della sedicesima Giornata nazionale della Colletta Alimentare, promossa da Fondazione Banco Alimentare e prevista per il prossimo 24 novembre, due detenuti della Casa Circondariale di Chieti raccontano in che modo attendono questa speciale occasione in cui potranno lasciare le mura del carcere per aiutare i più bisognosi. Ecco quindi le lettere di Sgaieri Tarek e Nicola Paradiso.
Mi chiamo Sgaieri Tarek e sono in carcere dal 2008. Isolato dai miei famigliari e dagli amici che frequentavo prima, in tutti questi anni trascorsi in vari istituti nessuno ha mai creduto in me o mi ha dato la minima possibilità di reinserirmi. Qui invece, in questo istituto in cui mi trovo da un po’ di tempo, ho trovato persone che credono davvero in me. Sono immensamente grato a tutti loro che mi stanno dando l’opportunità di trascorrere una giornata al di fuori di queste mura: per me, e credo anche per chi verrà insieme a me, sarà una vera e propria boccata di aria fresca. Alla fine credo che questa esperienza ci offrirà davvero l’opportunità di essere utili a chi è più bisognoso di noi ma allo stesso tempo potrà rendere meno pesante il peso delle mie (e delle nostre) colpe. Ringrazio tutte le persone che hanno avuto fiducia in me, concedendomi questa opportunità. Ringrazio tutta la direzione e in particolare la dott.ssa Raciti.
In fede
Sgaieri Tarek
Si apre il 24 novembre la 16ª edizione della “Colletta Alimentare”, evento sociale come tanti altri, penseranno quasi tutti; per me è un evento che segna il mio ritorno alla vita, direi la mia occasione di rinascita; mi esprimo così perché sono un detenuto di lunga data a cui nella precedente manifestazione è stata data l’opportunità di osservare il mondo nei suoi colori, rumori, luci e nei gesti comuni come il fare la spesa.
Tutto questo lo avevo dimenticato avevo negli occhi nelle orecchie e nel naso visioni, rumori e odori che diventavano quelli di detenuto nella vita di ogni giorno. Ricordo ancora l’entusiasmo, la curiosità e direi la bramosia di fare mio, o ancor di più, fissare nella mia mente tutti i momenti che avrei vissuto, perché poi una volta rientrato in carcere vi avrei nutrito la mente e l’anima.
Ad un anno di distanza e ancora vivida nella mia mente l’immagine di mia moglie che mi stava aspettando, ho potuto riabbracciarla senza impedimenti e sussurrarle il mio amore senza il pudore di colui che pensa di essere ascoltato. Sto raccontando tutto ciò, perché quest’anno presenzierò di nuovo a questa manifestazione con uno spirito nuovo, posso considerarmi un mezzo detenuto, oggi ho un lavoro, quindi un reinserimento sociale importante; ho riconquistato in parte un ruolo nella collettività.
Dopo il lavoro rientro a casa e posso vivere le gioie della famiglia, ho detto un “mezzo detenuto” perché ahimè alle ore 22,30 ancora sento alle mie spalle rumori di chiavi e cancelli che si chiudono al mondo e si aprono su una realtà carceraria, che spinge ogni uomo a tirare fuori il peggio di sé. La mia esperienza a questo evento per me è una vittoria, perché sono riuscito ad adeguarmi e comprendere le regole della mia nuova vita. Quest’ opera di volontariato mi porta a comprendere una realtà diversa che avevo perso di vista.
E’ doveroso non dimenticare coloro che lavorano per la nostra riabilitazione, io porto nel cuore l’immagine di una donna adibita a ciò, la quale ha puntato tanto su di me, grazie, mi impegnerò ancora per non deluderla.
Si può cambiare, bisogna volerlo.
Nicola Paradiso