Un vecchio conservatore ottuso e bigotto. Per la maggioranza dei pensatori à la page quando Benedetto XVI arrischia riflessioni sul terreno dell’educazione sessuale o su quello, ancora più scivoloso, della lotta all’Aids fa la figura del babbeo nel migliore dei casi, del criminoso moralista nella quasi totalità. A parte qualche piccolo incidente di comunicazione, l’assoluta erroneità di questi giudizi emerge con chiarezza. Frutto per lo più di una pregiudiziale malafede. Basta rileggere i suoi interventi, il realismo con cui affronta questioni complesse come la battaglia per debellare un virus che ha causato milioni di morti e infinita sofferenza. Quel realismo che permette, a lui e alla Chiesa, la concretezza che le filantropiche organizzazioni mondiali si sognano. Ieri, all’udienza generale, l’appello per la Giornata Mondiale contro l’Aids.



In poche righe, lette alla fine della catechesi, ha puntato il dito su due questioni di massima urgenza: l’accesso ai farmaci antiretrovirali nelle regioni più povere del mondo e la trasmissione del virus da madre a figlio. Due contraddizioni che la globalizzata task-force anti-Aids non è riuscita a sciogliere. Holding farmaceutiche, Organizzazione mondiale della sanità, comunità internazionale invocano strategie di lotta integrate, al grido di “faster, smarter, better”, ma non sono capaci di impedire il contagio tra madre sieropositiva e neonato in molte zone del pianeta, e questo nonostante siano già disponibili terapie efficaci. E ancora meno riescono ad equilibrare quel rapporto che vede un qualunque paese africano registrare un numero 20 volte superiore di decessi di malati di Aids rispetto ad un qualsiasi stato del nord America.



Solo nell’Africa subsahariana, secondo il rapporto Unadis del dicembre 2011, si registra il 67% delle vittime del virus. Dei 34 milioni di contagiati nel mondo ben il 68% vive sotto il 20° parallelo, ed è sempre l’Africa a detenere il drammatico primato di mortalità per Aids tra i bambini. La stabilizzazione della malattia nei continenti con più risorse non deve far dimenticare che esistono intere aree dove il virus non solo non è arretrato, ma addirittura avanza. E che fa il Papa? Ricorda in maniera franca, senza troppi giri di parole, che la questione interessa tutti, e non solo le organizzazioni cattoliche che costituiscono, da sole, il 25% delle strutture del pianeta per la cura della malattia.



Già nella sua conversazione con Peter Seewald, diventata poi il fortunato Luce del mondo, Benedetto XVI non si sottraeva alle provocazioni del giornalista tedesco su profilattici e dintorni, per spiegare che nessun altro come la Chiesa si prendeva cura dei malati di Aids, e che soprattutto la sua posizione, definita irrealistica ed inefficace per il no al preservativo, sulla prevenzione del virus, era quella più ragionevole. Non solo, suffragata e certificata da statistiche. Qualcuno osò persino scandalizzarsi per un pontefice che parlava apertamente di condom, ma Benedetto XVI nel volume in cui affrontava ogni genere di questione, spiegò con estrema lucidità che l’Aids non poteva essere ridotto nella sua gravità all’uso o meno di un profilattico e che la “banalizzazione della sessualità” rappresentava proprio la “pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga”.

Insomma per vincere l’infezione Hiv, diceva, è necessaria un’umanizzazione della sessualità. Era il 2010 e qualcuno oggi, dati alla mano, può smentirlo? Non certo chi, come il governo ugandese, ha puntato su sessualità responsabile, astinenza e fedeltà per contenere il contagio, realizzando uno degli obiettivi più importanti, l’inversione degli indici d’incidenza dell’Hiv nel paese. Benedetto XVI guardava lontano.

Più lontano di Nazioni Unite e Oms che si sono dovute piegare alla teoria Abc (Abstinence – Be Faithful -Condom) dove il preservativo è l’ultima arma di contrasto quando mancano gli altri due elementi. Il Papa scommette sempre sulla persona, sul primato educativo, sull’accompagnamento responsabile e solidale. Non vieta, promuove. Eppure c’è chi si ostina a voler cogliere solo posizioni retrograde, divieti e folli crociate. Speriamo che non ci si aggrappi al trito e ritrito stereotipo di una chiesa ossessionata dal preservativo per oscurare un appello che chiunque abbia cervello e buon cuore dovrebbe condividere e appoggiare.

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