Scontro governo-magistratura? Si vedrà nei prossimi giorni. Il fatto è che oggi in contemporanea è arrivato il famoso decreto del governo cosiddetto salva-Iva e il no del gip al dissequestro dell’area a caldo che come si sa è stata posta sotto sequestro appunto dalla magistratura con la motivazione che produrrebbe inquinamento di livello mortale per operai e popolazione di Taranto. La situazione dopo un lungo braccio di ferro tra proprietà e magistrati era precipitata a inizio settimana quando i responsabili della direzione dell’Ilva avevano ordinato a cinquemila dipendenti di rimanersene a casa in ferie forzate. Era intervenuto lo stesso capo del governo promettendo un intervento che permettesse la riapertura dell’attività produttiva con un apposito decreto ma la paura era quella di un possibile contrasto con la magistratura. Il decreto è stato infine approvato dopo lunga discussione: l’idea alla base, come detto dallo stesso governo, era quella di “conciliare la tutela dell’occupazione e dell’ambiente e il rispetto della magistratura”. Secondo le prime indiscrezioni sul contenuto del decreto, la durata dello stesso non supererà i due anni e sarebbe studiata sul periodo di efficacia dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che è invece di sei anni. Si vorrebbe poi introdurre una figura di garanzia esterna alla attuale proprietà che possa essere fiduciata da tutte le parti interessate, una sorta di garante dell’applicazione delle prescrizioni Aia. Insomma, l’Ilva con questo intervento potrebbe riprendere la sua attività anche senza il consenso o la partecipazione della famiglia Riva che ne detiene la proprietà. Da parte sua, il gip Patrizia Todisco ha rigettato la richiesta dei legali dell’Ilva di dissequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto disposto il 26 luglio scorso dallo stesso giudice nell’ambito dell’inchiesta sul presunto disastro ambientale. Solamente pochi giorni fa, infatti, in una nota l’azienda aveva comunicato che, in assenza della revoca di tali sigilli posti dall’autorità giudiziaria, si sarebbe inevitabilmente andati incontro alla “definitiva cessazione dell’attività produttiva” e alla “chiusura del polo produttivo”. “Se il sequestro preventivo dovesse permanere pur a fronte del mutato quadro autorizzatorio”, avevano fatto sapere nell’esposto il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e l’avvocato Marco De Luca, “l’ovvia insostenibilità economico-finanziaria condurrebbe inevitabilmente alla definitiva cessazione dell’attività produttiva”.
Sarà da capire adesso nelle prossime ore se quanto prodotto dal governo riuscirà a non andare contro le decisioni della magistratura o si aprirà un nuovo tavolo di scontro, con ricorsi e contro ricorsi a vicenda.