E’ giunto sul tavolo del Consiglio dei ministri di Parigi il progetto di legge “Mariage et adoption pour tous” (matrimonio e adozione per tutti). Nelle scorse settimane la discussione intorno al testo si è vivacemente accesa al di là delle Alpi e l’eco del duro scontro tra fautori e oppositori della riforma del diritto di famiglia ha fatto il giro d’Europa, suscitando interesse e preoccupazione. Una simpatia di alcuni e un disgusto di altri che non sono fuori luogo: dall’Âge des lumière e dalla Rivoluzione dei sanculotti alla Comune di Parigi e al Maggio del ’68, quello che accade in Francia anticipa idee e fermenti sociali e politici in tutto il Vecchio continente. E non senza conseguenze durature e incisive nella cultura e nella vita degli europei.



Quella che viene presentata come un “allargamento della famiglia” e una “risposta alle esigenze di uguaglianza tra uomini e donne” rispetto all’istituto familiare, in realtà tradisce l’idea stessa di famiglia o, più precisamente, la demolisce per fare posto ad una relazione interpersonale orizzontale (coniugio: unione, congiungimento, dal verbo latino con-iungere) e verticale (adozione: scegliere per sé, secondo l’etimo ad-optare) di genere neutro. L’identità e la differenza sessuale non entrano più in gioco nel matrimonio e nella genitorialità come dimensioni costitutive, sorgive della famiglia.



Maschile e femminile restano, certo, come qualificazioni individuali dei cittadini (tendenzialmente permanenti, ma non sempre, secondo l’ipotesi della “plasticità del genere” che circola in alcuni ambienti culturali), ma non risultano determinanti in ordine all’instaurarsi di un rapporto socialmente apprezzabile e giuridicamente riconosciuto e tutelato quale è quello cui ha sinora fatto riferimento il concetto di famiglia.

La posta è alta, perché non si tratta di un’estensione della definizione “classica” di famiglia per comprendervi anche le relazioni stabili tra persone dello stesso sesso e la possibilità che esse svolgano un ruolo vicario rispetto a quello duplice e complementare materno-paterno. Un’opportunità per riconoscere di fatto delle relazioni sociali esistenti e garantire dei diritti anche ad esse, o per offrire rapporti educativi a bambini privi di uno dei genitori naturali. Siamo ben oltre questo.



L’omoconiugalità e l’omogenitorialità decostruiscono la famiglia, non la ampliano. Il proprium della famiglia (che la contraddistingue da ogni altra forma di relazione amicale o affettiva presente nella società) è quello di essere un rapporto – paritario nella dignità, nei diritti e nei doveri civilmente riconosciuti – che custodisce in sé l’identità e la differenza sessuale dell’essere uomo-donna quale fondamento della relazione coniugale stessa, aperto alla generazione e all’educazione dei figli secondo la complementarietà delle figure genitoriali. 

L’omologazione di queste due figure – secondo le “disposizioni che mirano a rendere coerente il vocabolario del codice civile”, nel disegno di legge francese “marito e moglie sono sostituiti dal termine sposi” e “padre e madre sono sostituiti dal termine genitori” – cancella la differenza nell’identità degli sposi e dei genitori, impoverendo fino ad estinguerlo il valore sociale fondamentale della famiglia quale luogo che custodisce e trasmette da una generazione all’altra questa identità-differenza. Giustamente l’arcivescovo di Parigi, cardinale André Vingt-Trois, ha osservato che “non è vero che per le coppie eterosessuali resta tutto come prima. Quando marito e moglie vedranno che sul loro libretto di famiglia non sono più padre e madre ma ‘genitore 1’ e ‘genitore 2’, si accorgeranno che qualcosa è cambiato. Quando a un bambino il primo giorno di scuola verrà chiesto non più ‘come si chiama tuo padre’ ma ‘qual è il nome del tuo genitore 1’, ci renderemo conto che abbiamo trasformato la famiglia allo scopo di conformarla a un’altra pratica. Che può avere una sua legittimità, ma questo è un altro discorso. Non si tratta solo di aprire il matrimonio esistente a persone dello stesso sesso, ma di trasformarlo affinché queste persone possano entrarvi”.

Per rendere praticamente possibile a qualunque coppia di sposi di diventare “genitori 1 e 2”, in Francia vi è già chi prospetta il ricorso alla donazione degli spermatozoi e all’inseminazione artificiale o alla maternità surrogata, il cosiddetto “utero in affitto”.

La biomedicina sembra avere già pronta la risposta alla domanda che molti si sono posti sulla effettiva realizzabilità di una omogenitorialità non adottiva. Dimenticando, però, che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è, per questa sola ragione, un bene per la persona e per la società. Sono stati gli stessi specialisti della medicina della riproduzione e le loro associazioni scientifiche e professionali ad avere messo in guardia, dopo le prime sperimentazioni in alcuni paesi, contro un uso strumentale di queste tecniche, destinato ad alimentare una richiesta di interventi che va ben al di là delle ragioni cliniche per cui essi sono stati sviluppati.

Nel marzo scorso, Benedetto XVI ha ricordato ai vescovi americani in visita ad limina che vi sono “potenti correnti politiche e culturali che cercano di alterare la definizione legale del matrimonio. Lo sforzo coscienzioso della Chiesa di resistere a queste pressioni esige una difesa ragionata del matrimonio come istituzione naturale costituita da una comunione specifica di persone, fondamentalmente radicata nella complementarietà dei sessi e orientata alla procreazione. Le differenze sessuali non possono essere respinte come irrilevanti per la definizione del matrimonio. Difendere l’istituzione del matrimonio come realtà sociale è, in ultima analisi, una questione di giustizia, poiché comporta la tutela del bene dell’intera comunità umana, nonché dei diritti dei genitori e dei figli”.

A partire dalla Francia, è in gioco il futuro dell’Europa: quello delle nostre famiglie e dei nostri figli. L’Europa non è solo una comunità economica e una moneta unica in crisi. E’ anzitutto una società in crisi, alla ricerca di un’identità culturale smarrita, che ha le sue radici nel senso religioso di ogni uomo e donna e nell’incontro bimillenario con l’Avvenimento cristiano che ha illuminato la realtà della vita in ogni suo aspetto, a partire da quello dell’amore sponsale e della procreazione.