Il “governo dei tecnici” è riuscito finalmente a partorire il decreto legge per garantire e salvaguardare la produttività dell’Ilva di Taranto. C’è da chiedersi per quale ragione non lo ha fatto anche prima. In tutti i casi, adesso,  si può prendere atto che anche il governo di Mario Monti  è finalmente riuscito a garantire la continuità della grande azienda d’acciaio e soprattutto la salvaguardia dell’occupazione, in una città che stava diventando una sorta di “bomba sociale”. Si specifica nel decreto che tutto questo deve avvenire nel pieno rispetto delle fondamentali esigenze di tutela della salute e dell’ambiente, imponendo uno scrupoloso rispetto di tutte le prescrizioni adottate dalle autorità amministrative. Insomma l’Ilva potrà continuare a produrre, ma dovrà rispettare scrupolosamente le regole. E’ previsto pure un “garante” della vigilanza sull’attuazione degli adempimenti ambientali. E in caso l’Ilva non le rispettasse, le sanzioni sarebbero durissime, fino all’amministrazione controllata, fino alla perdita della famiglia Riva della proprietà dell’Ilva. E chi ne ha, più ne metta. Ma ci sono da sottolineare alcune incongruenze. Proprio nel pomeriggio, mentre il governo teneva la sua riunione fiume per varare il decreto, il gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, aveva respinto una ulteriore istanza di dissequestro degli impianti dell’area a caldo presentata dall’azienda. Francesco Forte, economista, ex ministro delle Finanze, era da tempo d’accordo con la necessità di arrivare al decreto e in disaccordo con l’intervento della magistratura. Adesso è stupito dal ritardo e da una sorta di ipocrisia del governo nel formulare continuamente concetti che cercano soprattutto di evitare conflitti e contrapposizioni con le decisioni della magistratura. Dice il professor Francesco Forte: “Il presidente del Consiglio, Mario Monti, poteva spalleggiare un po’ di più l’azione del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che è veramente un grande esperto e un grande tecnico. Clini, tra l’altro, ha spiegato e documentato che spegnere del tutto l’impianto di Taranto comportava danni ambientali maggiori rispetto al fatto che rimanesse acceso. Ma questo evidentemente i magistrati non lo sanno o non riescono a comprenderlo”.



A questo punto, nonostante le acrobazie dialettiche del Governo, si è rilevatopertanto un conflitto con le decisioni della magistratura?  

Ma è evidente. L’intervento blocca quello che la magistratura aveva deciso. Proprio  questo passo, di prendere una decisione diversa, spiega anche il ritardo con cui si è mosso il governo. Una parte di questo esecutivo. È ormai inutile ricordarlo, è “prigioniero” della voglia o della necessità di mantenere un rapporto quasi ossequioso verso la magistratura. Anche quando quest’ultima agisce in un modo che si potrebbe definire ideologico.



In che senso?
Anche in questo caso, nel caso dell’Ilva, si è applicata, sulla base di statistiche, che possono anche essere opinabili, la prevalenza del diritto penale rispetto al diritto privato, con delle interpretazioni sulla reiterazione del reato che non mi sembrano conformi ai principi dell’ordinamento giuridico costituzionale. Questa è, a mio avviso, una concezione ideologica.
Ma a questo punto il decreto mette la parola fine alla vicenda?

Beh, la continuazione del ciclo produttiva è assicurata con il decreto. L’ultimo atto del gip è avvenuto in assenza di una nuova legge. Quindi il magistrato deve tenerne conto.



Ma come giudicare complessivamente tutta la vicenda?

Ci sono stati troppi tentennamenti, troppi ritardi da parte del governo. E poi ci sono contraddizioni che si vedono anche in campo sindacale rispetto all’azione della magistratura. E’ un fatto che si ripete, che contraddistingue la storia italiana di questi anni. La critica che si può fare non riguarda solo il presidente del Consiglio. Anche due ministri di rango, come Corrado Passera e Vittorio Grilli, dovevano dimostrate un impegno maggiore in tutta questa vicenda.

(Gianluigi Da Rold)

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