Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi da scontare agli arresti domiciliari, questa mattina, come niente fosse, si è recato al lavoro. Una provocazione, ovviamente, dato che nelle scorse settimane si era impuntato spiegando che voleva scontare interamente la sua pena, e scontarla in carcere. In conferenza stampa aveva fatto sapere che non avrebbe potuto accettare la detenzione in casa perché questo lo avrebbe arruolato nella casta, tra coloro che godono di privilegi superiori a qualsiasi altro cittadino. Aveva detto chiaramente, inoltre, che si sarebbe recato di persona a San Vittore; trasgredendo i domiciliari, infatti, sapeva bene che si sarebbe macchiato del reato di evasione. Aveva pregato tuttavia i giudici di non compiere un ulteriore sfregio alla democrazia e alla libertà di stampa. Di non mandare, quindi, gli agenti all’interno del giornale. Gli agenti, invece, sono entrati nella sede di Via Negri per prelevarlo. Un episodio commentato in diretta dallo stesso Sallusti con estrema amarezza. Condotto in questura, è stato successivamente processato per direttissima. Nell’udienza conclusasi si è stabilito che potrà uscire due ore al giorno. Dovrà tornare in aula il 6 dicembre per il processo per evasione. Il direttore del Il Giornale si sarebbe impegnato a rispettare le prescrizioni imposte dal giudice, spiegando che l’evasione di questa mattina era un gesto simbolico. Nel frattempo, al collegio difensivo composto dai legali Valentina Ramella e Salvatore Lo Giudice si è aggiunto nientemeno che Ignazio La Russa, l’ex ministro della Difesa e onorevole del Pdl. Nel frattempo, tra gli altri, hanno espresso la loro solidarietà al diretto de Il Giornale, Vittorio Feltri, Enrico Mentana a Roberto Formigoni. Dal canto suo, il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi, ha denunciato l’esistenza in Italia di una normativa «vecchia e superata»; è stata questa a determinare «la sentenza che conduce il direttore del Giornale in carcere, per sua scelta. Do atto – ha aggiunto – al procuratore di Milano di aver assunto un’iniziativa di grande saggezza nell’applicazione della legge esistente poi ciascuno fa le sue scelte, la nostra linea è che per questo tipo di reati non si finisca in carcere».