Oggi, 10 dicembre, la Chiesa ricorda la Traslazione della Santa Casa di Loreto; mentre ieri sera, 9 dicembre, come da secoli accade nelle campagne e nelle piazze di paesi e città – soprattutto marchigiane -, sono stati accesi i falò per ricordare proprio questo avvenimento: la venuta della Santa Casa. I focaracci – ci dicevano da bambini – venivano accesi per illuminare il cammino della Santa Casa che si vuole trasportata dagli Angeli da Nazareth sulla collina di Loreto nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294.



I promotori di questa religiosità popolare vanno ricercati nell’ordine dei cappuccini proprio per solennizzare il giorno della venuta organizzando fiaccolate, musiche e altri segni d’allegria per salutare l’arrivo della Santa Casa. Questo genere di manifestazioni inizia a Loreto a partire dal 1618, poi l’idea si estende immediatamente a tutti i paesi della Marca e, via via, in Umbria, dove è detta la festa del gran passaggio e verso il Lazio, dove è chiamata er transito. È conosciuta anche come la dipartita, che sottintende una certa melanconia…, così definita a Tersatto; in Toscana è detta il gran tragitto. Un modo autentico per far memoria del passaggio sul nostro territorio di quella Casa in cui la Vergine Maria nacque, ricevette l’annuncio dell’angelo Gabriele e dove pronunciò il fiat che permise la salvezza dell’uomo.



Sulla traslazione in sé, l’ipotesi più accreditata ai nostri tempi, soprattutto in relazione ai più recenti scavi archeologici, è che i mattoni costituiscono parte della camera antistante la grotta di Nazaret, dove abitò Maria con la sua famiglia; salvati dai Crociati nel 1291 dalle mani dei musulmani vincitori in Terrasanta, vennero donati a Ithamar (o Margherita) Angeli, figlia del despota dell’Epiro, Niceforo I Angeli-Commeno. La famiglia Angeli dell’Epiro costituiva un ramo della più grande famiglia imperiale di Costantinopoli ed era cristiano-ortodossa. La bellissima Ithamar andò sposa a Filippo II D’Angiò (quartogenito di Carlo II), e in un prezioso documento risalente al 1294 si può leggere un elenco dei beni andati in dote alla sposa: tra questi sono citate le “sanctas petras ex Domo Dominae Deipare Virginis ablatas” (le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora Vergine Madre di Dio). I raffronti tecnici e architettonici mostrano che le tre pareti della Santa Casa di Loreto si connettono bene con la grotta e con gli altri edifici di culto costruiti a Nazaret nei primi secoli d. C. Le pietre della Santa Casa sono lavorate e rifinite secondo l’uso dei Nabatei, un popolo che ha esercitato il suo influsso anche nella Galilea fino ai tempi di Gesù. Sulle pietre si conservano inoltre incisioni e numerosi graffiti tipici delle comunità giudeo-cristiane presenti solo in Palestina prima del V secolo. L’edificio, inoltre, presenta un’altra particolarità straordinaria: è del tutto privo di fondamenta ed è come “appoggiato” su quella che era una strada pubblica. Murate tra le pietre della Santa Casa sono state trovate cinque croci di stoffa rossa di crociati o, più probabilmente, di cavalieri di un ordine militare che nel medioevo difendevano i luoghi santi e le reliquie.



Le pietre, dunque, lasciarono sicuramente Nazaret per giungere in Occidente. Rimane ancora un mistero come siano arrivate fino a Loreto. Intorno alla traslazione della Santa Casa si è sviluppata nei secoli una lunga dialettica, nella quale si sono confrontati cattolici, protestanti, polemisti illuministi e laicisti, negazionisti ecc…

Ha senso riprendere e perpetuare certe tradizioni? Diceva don Luigi Giussani che «la tradizione è la capacità di vedere uniti passato, presente e futuro»; oggi si è portati  a rifiutare ciò che a che fare con il tradizionale, e così facendo si rompe ciò che si è. Invece, anche solo con la percezione di ciò che possiamo avere in comune con un passato che ci si tramanda, l’uomo diventa capace di generare storia, di costruire e di tenere unito un popolo.

Alcuni contadini marchigiani e varie associazioni mantengono ancora viva questa tradizione, tentando di perpetuarne la memoria e accendono i falò, come a voler segnare il percorso di quel passaggio miracoloso e per facilitargli il viaggio nella notte buia.

Una delle più alte espressioni della profonda religiosità popolare nei confronti della Madonna di Loreto è certamente il pellegrinaggio, l’andare a piedi verso la Basilica dove si trova il bianco sacello marmoreo che custodisce quei mattoni così particolari…

Dalla fine del XIII secolo molteplici fonti letterarie, iconografiche e archeologiche, attestano la presenza e il culto della Santa Casa di Loreto, e già dai primi anni del Trecento si registrano movimenti di pellegrini da paesi circostanti e man mano da altre parti d’Italia. Dal 1322 iniziano pellegrinaggi dal resto d’Europa, e poi, via via, dal mondo intero.

Negli anni più recenti, a partire dal 1978, il pellegrinaggio ha ripreso particolare vigore nella forma del cammino notturno da Macerata a Loreto, promosso da Comunione e Liberazione, che nelle ultime edizioni ha raccolto decine e decine di migliaia di  partecipanti.

Da ieri sera, presso il Santuario della Santa Casa di Loreto per la Solennità della Venuta (9-10 dicembre), si sono susseguite veglie, l’accensione del falò in Piazza della Madonna, recite del Santo Rosario, una celebrazione Eucaristica presieduta dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo; la Processione con la venerata immagine della B.V. Maria di Loreto, Messe e il Pontificale presieduto, la mattina di lunedì, dall’arcivescovo di Loreto, Giovanni Tonucci, dove ad animare la celebrazione sono stati i cadetti dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli.

 

(Giuseppe Luppino)