La controversie, di cui tradizionalmente il Festival di Sanremo è costellato, quest’anno potrebbero moltiplicarsi. Come coniugare l’evento musicale con le elezioni politiche e, soprattutto, con la campagna elettorale che le precederà? Non vi è modo, è evidente. La Rai, con un breve comunicato, si è limitata a far sapere che si svolgerà dal 12 al 16 febbraio 2013. Le urne, invece, saranno aperte con ogni probabilità il 24 febbraio. Due circostanze ravvicinate al punto da rendere inevitabili le contaminazioni. Questi i fatti. Resta l’ipotesi, ma sono semplicemente rumors, che Sanremo venga spostato a marzo. Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione, ci spiega quali prospettive si prefigurano.



Come valuta l’eventualità della distanza ravvicinata?

Partiamo da una considerazione di carattere generale: di tutto il Paese ha bisogno, fuorché di una campagna elettorale troppo accesa. Siamo in crisi economica, i partiti hanno dato pessima prova di sé e si presentano vulnerabili agli occhi degli elettori. Talmente vulnerabili che stanno modificando la forma con la quale si presenteranno. Da questo punto di vista, tutto ciò che sdrammatizza il clima della campagna, compreso un evento nazional-popolare come Sanremo, potrebbe rivelarsi una benedizione. Tuttavia, benché l’Italia abbia bisogno di una competizione meno incattivita nei toni, vale una seconda considerazione.



Prego

E’ la prima volta che nella storia di questo Paese, e forse la prima nella storia di Paese democratico, che a distanza di poco meno di due mesi dal voto, i soggetti che hanno titolo a scegliere, i cittadini, ancora non conoscano l’offerta politica che troveranno sulla scheda elettorale: ancora non è noto secondo quali criteri si presenterà l’attuale presidente del Consiglio (incertezza, tuttavia, in via di sfumatura), come sarà composto il centrodestra, e con chi si alleeranno alcuni partiti dell’estrema sinistra, come l’Idv. E’ scientificamente provato che l’incertezza tra i cittadini aumenta quando l’offerta politica viene continuamente cambiata; e che aumenta tanto più quanto gli elettori si sono assuefatti alle offerte in campo.



Qual è, in un tale contesto, l’esigenza dei cittadini?

Quella di poter disporre di una quota d’informazione significativa. In queste elezioni i media rivestiranno un’importanza decisiva. Quando l’incertezza politica è a questi livelli, infatti, le abitudini del pubblico finiscono per far sì che si intraveda nella televisione, nei giornali e nell’informazione in generale, un elemento che, apparentemente riduce l’ansia. Vuole dire che i media saranno chiamati a un sovradosaggio di informazioni e di programmi politici.

Ma il Festival, normalmente, ha la precedenza sui talk show

Esatto: tra l’evento in sé, e le successive polemiche, si finisce per riclassificare l’importanza dei programmi televisivi per almeno una settimana-dieci giorni.

Quindi?

Sarebbe più equilibrato, tenendo conto della particolare situazione italiana, un sobrio rinvio. Subito dopo le elezioni sarebbe perfetto.

Posto che, invece, si decida di non rinviarlo, c’è il rischio che si connoti marcatamente in senso politico?

Spero di no. Mi auguro che, prima della campagna elettorale, sia particolare cura del responsabile del Festival creare le condizioni perché siano scongiurati i riferimenti politici di tipo tradizionale.

Ma il Festival è in diretta. Salvo la minaccia di successive sanzioni, cosa impedirà ai cantanti di connotare politicamente le loro canzoni, o agli ospiti di fare satira politica, penalizzando un partito piuttosto che sull’altro?

Tanto per cominciare, occorrerà cautela nella scelta delle persone. E sarà necessario far sottoscrivere a tutti i presenti un documento in cui si impegnano a non fare campagna elettorale. E’ accettabile, se non addirittura auspicabile, per intenderci, che Benigni utilizzi Sanremo per tessere le lodi dell’Inno Nazionale; non lo è il fatto che Sanremo sia utilizzato come una clava politica di parte. 

 

(Paolo Nessi)