Il Natale riconosce presente il Salvatore del mondo nella nostra carne mortale, nell’intelligenza, nel cuore e nel corpo della Vergine Maria. Egli è il Signore della pace e questa antica denominazione sembra essere di straordinaria attualità, in un mondo dove proprio la pace è la grande assente dalla vita della persona e della società. 



La pace implica nell’uomo la conoscenza vera della sua identità, della sua origine e del suo fine. Indica la pienezza dell’umanità nel suo aspetto personale e sociale e quindi suggerisce criteri adeguati per impostare i rapporti con le persone e con la realtà naturale e storica. L’esigenza della pace è essa stessa una esigenza costitutiva del cuore dell’uomo.



Per diverso tempo la pace è stata considerata un’utopia che doveva essere perseguita con le risorse morali, intellettuali, politiche, scientifiche e tecnologiche dell’umanità. Adesso è semplicemente considerata una realtà impossibile. Ma se la pace è impossibile, il vuoto viene per ciò stesso colmato dalla violenza. La violenza viene e occupa il posto della pace. La violenza come distruzione dell’essere a tutti i livelli, fisico, culturale e morale; la violenza dell’uomo verso gli altri uomini considerati semplicemente strumenti della propria individualità possessiva, la violenza come soluzione largamente praticata nelle relazioni tra gli uomini: quell’orrenda teoria di omicidi e suicidi che accompagnano le nostre giornate e che sembrano diventati un fatto inevitabile a cui rassegnarsi. Esattamente come per decenni ci si è rassegnati ai grandi sistemi totalitari, con la differenza che allora la capacità di resistenza era di molto maggiore, soprattutto grazie alla secolare opera educativa svolta dalla Chiesa. 



Oggi tutto è dominato da una violenza alla quale si tenta di fuggire chiudendosi in un privato che non ha più alcun nesso con la realtà, soprattutto con la realtà sociale. L’irresponsabilità che grava sulla vita sociale e politica italiana, ma non solo, viene così vissuto come un qualche cosa di inevitabile, perché nessuno ritrova in sé l’energia intellettuale e morale per porre e affrontare il problema della vita personale e sociale nei termini adeguati della verità, della giustizia, della bellezza e del bene.

Ecco che cosa significa che Cristo è il principe della pace. Cristo è la pace vivente, la pace che vive in noi e in mezzo a noi perché ciò che è impossibile all’uomo – il mistero di Dio che nasce come un bambino, nella sua piccolezza e fragilità – Dio lo ha fatto.

La pace, quella pienezza di umanità che Cristo ha vissuto come frutto di una incondizionata obbedienza al Padre e di un altrettanto incondizionato amore ai fratelli, nel Natale viene messa a nostra disposizione dalla grazia del Padre. Per questo la pace di Cristo è una grazia che sollecita a sua volta la nostra responsabilità. Il Natale cristiano diviene così la domanda umile a Dio che rinasca un popolo capace di collaborare con tutta la propria umanità alla grazia di Cristo. Un popolo  che si impossessi giorno dopo giorno della vita nuova, una vita pacifica perché pienamente realizzata. Questa pace, vissuta nella persona e nella comunità ecclesiale, investe il mondo chiedendo di essere accolta nei cuori degli uomini di buona volontà.

Questo è il buon Natale 2012: che coloro che ricevono in dono la pace di Cristo ne diventino senza indugio, come dice il Papa nel suo messaggio per la giornata mondiale per la pace del 2013, costruttori nella loro vita.

 

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