“Le detrazioni fiscali per i figli a carico sono certamente utili, ma all’origine del crollo drammatico della natalità cui assistiamo nel nostro Paese ci sono una mancanza di speranza e una forma di superbia. Tanto per la crisi demografica quanto per quella economica le ricette finanziarie non sono sufficienti, occorre ritornare ai fondamenti della fede”. Lo afferma Costanza Miriano, giornalista del Tg3 nazionale, autrice dei libri “Sposati e sii sottomessa” e “Sposala e muori per lei”, nonché madre di quattro figli.
Per quale motivo le detrazioni fiscali sono utili, ma non bastano?
Perché il motivo principale del calo della natalità in Italia non è di tipo economico. Lo documenta il fatto che i nostri genitori, nati in tempo di guerra o subito dopo e con speranze di benessere economico molto basse, facevano molti più figli rispetto alle giovani coppie di oggi. Come dice papa Benedetto XVI, sia la crisi demografica sia quella economica nascono innanzitutto da una mancanza di fede, che si riflette in una forma di superbia il cui contraltare è un’assenza di speranza.
In che senso la superbia avrebbe a che fare con il calo della natalità?
La superbia ci spinge a pensare di essere Dio e quindi di sapere noi qual è il numero giusto di figli e il momento migliore per metterli al mondo. Il controllo della fertilità che ci è stato messo in mano dalla scienza è un potere che non sappiamo gestire, perché noi uomini non siamo gli arbitri della realtà. E quando ci mettiamo in mente di esserlo spesso sbagliamo. Quest’ansia di iper-controllo che la tecnologia e la medicina ci trasmettono, in realtà ci inducono in errore e ci rendono infelici.
Dove sta l’errore?
Nel pensare di poter decidere tutto sulla base dei nostri criteri, di poter progettare la nostra vita. In quanto essere umano, io non sono Dio e quindi non so qual è il mio vero bene. Poniamo una donna che prende la pillola, perché ha deciso che fino a 38 anni vuole dedicarsi alla carriera e non avere figli: il suo non è solo un peccato contro la vita, ma è anche una forma di superbia. Bisogna lasciare spazio all’azione di Dio nella nostra vita, e se noi mettiamo un muro chiaramente Lui ci lascia liberi.
In che cosa consiste questo muro?
Conosco un’infinità di persone che hanno commesso l’errore di pensare di poter programmare le loro vite, per poi rimanere senza nulla in mano e con una grande infelicità. Penso a tante donne che rimandano il primo figlio, convinte di avere tutto il tempo per realizzarsi e di poter aspettare il momento buono, e poi il momento buono non arriva mai.
Che cosa c’entra invece la mancanza di speranza di cui parlava prima?
Tutti prospettano un futuro economico difficile, ma è anche perché le pretese di vita sono molto alte. Quando i miei genitori si affacciavano alla vita, il primo obiettivo era riuscire a mantenere la famiglia, senza la pretesa di mandare i figli a tutti i costi a studiare a Oxford, Stanford o Yale. La mancanza di fede significa anche non avere il coraggio di affidare la propria vita e quella della propria famiglia nelle mani di Dio, rendendosi disponibili, con prudenza e attenzione, ma lasciando un margine di iniziativa al Creatore.
E’ soltanto la pillola ad avere cambiato le abitudini, o sono le relazioni in quanto tali a essere più fragili?
Oggi si vivono con estrema libertà tutti gli aspetti della relazione fin da subito, quindi questo rende meno urgente una maggiore stabilità. Si consuma tutta la bellezza del rapporto senza bisogno di vincoli, e alla fine nella logica di questo mondo conviene non sposarsi, perché così ci si mantiene liberi, prendendosi tutti i vantaggi. Anche in questo caso pensare di non avere bisogno dell’intervento del sacramento del matrimonio è una questione di mancanza di fede. Ricordo che con Adamo ed Eva il matrimonio è stato il primo dei sacramenti.
E quindi?
La narrazione biblica ci ricorda in questo modo che sposarsi è ciò che corrisponde più profondamente all’uomo e alla donna fatti a immagine e somiglianza di Dio. Scegliere di non sposarsi significa non sentire il bisogno di fare entrare Dio nella propria relazione. E’ questa la radice di tutto, e infatti l’anno della fede proclamato dal Papa è veramente l’unica risposta possibile a tutti i problemi sociali ed economici che ci affliggono. Le ricette degli economisti, le iniezioni di liquidità e le ricette finanziarie non bastano, occorre ritornare ai fondamenti della fede.
(Pietro Vernizzi)