Sono sei vite, sei persone diverse sono state toccate ieri da qualcosa di imprevisto, che segnerà per sempre le loro vite. E forse le intreccerà in un disegno misterioso. Ce le racconta Paola Caronni.

Io lavoro con lo spazzolone, prima la sala e poi i bagni, sono quasi invisibile, decine come me hanno lo stesso compito, la stessa divisa, stessi turni e paga; mi chiamano e mi vedono solo quando hanno bisogno. Per questo la ragazza ha chiamato me, unica che non ci pensa troppo ad infilare le mani nel water, nello sporco e nel sangue.
 



Stavo per cambiare bagno, appena spinta la porta, ma poi ho visto il bambino, un braccio e una manina, una cosa impossibile; per un attimo ho pensato di scappare e basta, che ci pensi qualcun altro, ma indietreggiando ho urtato il ragazzo, l’inserviente. Dopo sono anche riuscita ad aiutare e ho pulito il piccolino con la carta e gli stracci del carrello; con calma, infinita ed inspiegabile calma. Non avevo mai neanche preso in braccio un neonato.



Corsa improvvisa dopo l’allarme alla radio, chiamata della Centrale: adesso aspetto qui fuori dal McDonald’s in piedi, ciò ’na voia de farme una sigheretta che mo’ me l’accendo anche davanti a ’sto fotoreporter dela tv , ma che vorrà mai… Er pupo piagne, meno male… sta’ tranquillo che con la sirena e co’ Marietto al volante arriviamo in du minuti. 

Se neanche tua madre è riuscita a eliminarti, come l’ultimo scarto di nove mesi d’indifferenza, nel ricettacolo delle cose più sporche, come un rifiuto; e neanche i dieci centimetri di acqua fredda più infimi in cui sei stato immerso per i primi dieci minuti della tua vita, in cosa possiamo servire noi, che siamo solitamente certi di poter salvare le vite con la nostra scienza, se non soltanto a tenerti al caldo nell’incubatrice? Emanuele! Ma chi ha scelto il nome, che rasenta la bestemmia. Non ha avuto né mangiatoia né madre, e adesso qualche mio assistente troppo speranzoso lo carica anche di questo peso. Stanotte sono solo furioso.



Sarò un santo, che nel silenzio più profondo ascolta il canto dell’universo, il rumore del bruciare delle stelle, aspetterò sereno il sorgere del sole dopo le preghiere dell’alba. Non avrò cura di me, ma solo compassione per gli altri, comprenderò e aiuterò; tutti saranno un dono, ogni incontro un mistero. Mi perderò, dopo i primi anni di scuola, seguirò i violenti per impormi su tutti, soprattutto su quelli che mi hanno guardato con sospetto. Farò lo stesso mestiere di quello che ha aspettato mia madre fuori dal McDonald’s e poi l’ha portata via in macchina. Passerò per caso nel momento in cui ci sarà l’incidente e riuscirò a toglierti dall’auto, te e chi hai di più caro, mentre gli altri indietreggiano per la paura. Studierò, inspiegabilmente preciso, meticoloso; passerò le notti al microscopio, per passione, e alla fine riuscirò a trovare il rimedio, la cura. Avrò un amico, abiterà nella porta accanto e giocheremo nello stesso cortile, saremo come fratelli; chiamerà suo figlio con il mio nome, lo conoscerò solo al mio ritorno dalla patria che avrò cercato.

’Nunn c’è pericolo: quanno porteno un pupo de nissuno, poi queli che l’hanno sarvato se ripresenteno tutti; solo durante la mia guardia, so’ tornati la regazzina cor fidanzato, il ragazzo indiano e, come si niente fusse, pure i poliziotti della pattuglia. E pure io me lo guardo, ogni tanto, che dorme e non sa nulla.