Oggi a Torino la sentenza Eternit, relativa alla denuncia per migliaia di morti e malati di tumore, nei confronti degli industriali lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis de Cartier. I due per diverse epoche sono stati a capo dell’industria che produceva amianto e a società ad essa collegate. In particolare il caso riguarda quanto avvenuto nelle quattro sedi italiane della Eternit di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Le accuse sono quelle di disastro ambientale doloso, tramite inquinamento e dispersione nell’ambiente di fibre di amianto, omissione di cautele antinfortunistiche. La contestazione ricopre un arco di tempo a partire dal 1952. Per il pubblico ministero Raffaele Guariniello si tratta di un processo storico a prescindere dalla sentenza. Il più grande processo nella storia e nel mondo, si è spinto a definirlo: “Siamo di fronte a una grande ingiustizia internazionale: ci sono Paesi in cui se si tocca l’amianto bisogna farlo con lo scafandro altri in cui ancora si tocca con le mani”. L’attesa per la sentenza è molto forte: in piazza davanti al tribunale si è radunata una folla di centinaia di persone, tra cui anche ex operai della Thyssenkrupp, familiari delle vittime della strage ferroviaria di Viareggio e di quella del traghetto Moby Prince. Presenti anche diverse forze politiche, ad esempio Rifondazione Comunista e Partito Comunista ed esponenti dei sindacati. In aula invece i rappresentanti dell’Associazione famigliari e vittime dell’amianto: scopo non è solo la giustizia per le vittime, affermano, ma anche contribuire a livello mondiale alla lotta contro l’uso dell’amianto. Sono presenti infatti a Torino delegati di Paesi come Francia, Brasile, Usa, Svizzera, Grande Bretagna, Olanda e Belgio. Oltre ai 1200 posti disponibili in Tribunale sarà possibile ascoltare la sentenza anche collegandosi al sito della provincia di Torino che la trasmette in streaming. Per l’occasione sono state aperte tre maxi aule all’interno del Tribunale. Le parti civili dichiarate sono ben 6392, i morti denunciati circa tremila.
Solo negli stabilimenti italiani si contano 2300 morti a partire dal 1952. Nello stabilimento di Casale Monferrato il più grande in Italia e chiuso nel 1986, i morti accertati sono millecinquecento.