Il secondo Rapporto sulla Coesione sociale dell’Istat è pregno di dati allarmanti. Le famiglie che, nel 2010, vivevano in condizioni di povertà relativa erano, in Italia, 2 milioni e 734mila, pari a 8 milioni e 272mila individui. Si tratta dell’11 per cento delle famiglie residenti e del 13,8 per cento dell’intera popolazione. L’indagine, messa a punto assieme al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, sottolinea inoltre come il 10 per cento degli italiani viva in famiglie dove, in sostanza, manca il lavoro; dove, cioè, è dedicato ad attività lavorative solamente poco meno del 20 per cento del tempo virtualmente disponibile. Tale informazione è condizionata dall’altissimo tasso di disoccupazione giovanile, tra i più alti in Europa (sopra al 30 per cento) che costringe molti giovani tra i 18 e i 34 anni a vivere con la propria famiglia più tempo del dovuto. Non hanno, infatti, un lavoro e sono privi della necessaria indipendenza economica per poter mettere su una propria famiglia. Talune famiglie, inoltre, nel corso degli anni hanno peggiorato la propria condizione; si tratta di quelle numerose, soprattutto se vivono al sud, se hanno a carico dei minori o se in essa convivono più generazioni. Stanno messe peggio di prima anche quelle monogenitoriali. In particolare, la povertà relativa, nel meridione, si attesta al 26 per cento, mentre quella assoluta è al 7.
Il rapporto ha, inoltre, messo in evidenza le profonde diseguaglianze che percorrono l’Europa. Nell’Europa a 15, infatti, il tasso di maggior difformità nella distribuzione del reddito lo si ravvisa nel Paesi del sud europeo e nel Regno Unito. Se si considera il rapporto tra la quota di reddito del 20 per cento della popolazione più povero e del 20 per cento più povero, la nazioni “peggiori” Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Regno Unito. Le più virtuoso, invece, ove la diseguaglianza è a livelli più contenuti sono Paesi Bassi, ‘Austria, Finlandia e Svezia. I Paesi, invece, dove è maggiore la deprivazione materiale sono la Grecia, con un tasso pari all’11,6%, il Portogallo (9,0%) e l’Italia (6,9%); Paesi come diversamente, in Finlandia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Lussemburgo detengo una percentuale inferiore al 3%.
L’indicatore sintetico “Europa 2020”, infine, che evidenzia quante persone siano a rischio di povertà o di esclusione sociale, sottolinea che i Paesi dove la quota di costoro è superiore al 22% sono sei: Grecia, Portogallo, Italia, Spagna e Regno Unito.