Cuoricini, baci, sdolcinatezze, cartoline e smancerie, affogati in una dominante nota di rosa; pure il cioccolato, certo.  Anche volendo, anche sforzando l’immaginazione, il nome di San Valentino non è scindibile da tali evocazioni. Che fu vescovo, e patì il martirio sotto Aureliano poco conta. Come il fatto che sì, effettivamente è patrono degli innamorati; ma nel senso che custodisce coloro il cui amore è il riflesso dell’amore che Dio comunica agli uomini.  Sta di fatto che alcuni decenni di pubblicità della Perugina hanno deposto millenni di tradizione. Rino Camilleri, agiografo e scrittore interpellato da ilSussidiario.net, ci parla del santo. E ci spiega da dove ha origine la contraffazione. «La sua festa è legata al fatto che Paolo IV istituì una forma di assistenza per quelle ragazze che non potevano sposarsi perché povere e, quindi, senza dote. Una ragazza in queste condizioni non avrebbe avuto, nella maggioranza dei casi, strada alternativa alla prostituzione». Il Papa decise, quindi, di donare loro una dote. «Si decise di distribuirla proprio nel giorno di San Valentino; da allora, divenne ufficialmente patrono degli innamorati». Paolo IV visse tra il XV e il XVI secolo, ma già da tempo la devozione popolare lo venerava come loro protettore. «Consentì, infatti, a due giovani di sposarsi, donando a lei una dote». Lo stesso discorso vale per Babbo Natale. «Come è ormai noto, la figura nota a livello internazionale fu ideata dalla Coca Cola quando, negli Anni ’30, un disegnatore si ispirò alla figura di San Nicola, vescovo di Mira, (Turchia).  Anch’egli, come San Valentino, consentì a tre giovani donne di sposarsi, recapitando loro di nascosto tre sacche contenente una dote». Analogamente a San Nicola, quindi, «ad appropriarsi di San Valentino è stata la Perugina». Una dinamica trasversale a tempi e luoghi distanti. «Si tratta di prese di possesso che si innestano su antichissime tradizioni cattoliche. Ci sono molte cose al mondo che, nate cristiane, sono diventate altro. Basti pensare alla massoneria, i cui simboli richiamano la simbologia cristiana». O San Francesco: «anch’egli è uno di quei simboli cristiani ineliminabili che, in quanto tali, cercano tutti di appropriarsene. Oggi, infatti, è il santo dei pacifisti ma, in epoca fascista, era il santo degli italiani e, quindi, dai tratti marcatamente nazionalisti. Fu anche il santo delle crociate. Ogni epoca, dunque, ha preso un simbolo che piaceva a tutti e l’ha destinato all’orizzonte culturale del tempo». Per non parlare, ovviamente, di Gesù: «nessuno rigetta il suo messaggio, ma lo fa suo è lo trasfigura; fu il “primo socialista”, il “primo massone”, il “primo anarchico”, il “primo comunista” e via dicendo». Resta da capire l’origine di queste dinamiche. «Il motivo è semplice: il cristianesimo ha forgiato la civiltà occidentale; tutto ciò che è nato successivamente non può fare altro che mettersi in relazione con esso, seppur secondo una prospettiva negativa». Secondo Camilleri, in tutto ciò è difficile ravvisare esplicite operazioni anticattoliche. «Non credo ai complotti. Diciamo che il mondo è pieno di idee cristiane impazzite. Lo stesso comunismo parte dal principio cristiano della giustizia per i poveri per rovesciarlo nel suo contrario». 



Nessun complotto, ma qualcosa di peggiore: «tutto questo dipende dalla deriva umana, e dal peso del peccato originale che ci trascina in basso; ma anche dall’azione del Principe di questo mondo che condiziona gli uomini pervertendo ciò che, inizialmente, è buono. Del resto,  il male per essere appetibile si deve presentare sub specie boni». Tornando al nostro Valentino, Camilleri ci spiega perché è opportuno ripristinarne l’originale messaggio: «La Chiesa propone la devozione dei santi per due motivi: affinché fungano da esempio; testimoniano, infatti, la verità del cristianesimo manifestando come ha saputo moltiplicare la loro umanità. E perché intercedano per noi presso Dio». 



 

(Paolo Nessi)

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