Cucinare gli avanzi, nel senso di utilizzare al meglio ogni cosa che abbiamo acquistato è una gran bella soddisfazione, ma soprattutto è un atto di educazione dentro ad una famiglia. Talvolta succede di trovare pacchetti di cibi lasciati aperti (dai figli), che indicano un atteggiamento di spreco. Un tempo era inconcepibile buttare via il pane, che nell’immaginario era la fonte dell’alimentazione quotidiana (chi ricorda il “guadagnarsi la michetta ?), oggi – dicono le statistiche – si butta via senza problemi. Eppure la tradizione della nostra cucina, che è sempre stata una fucina di creatività e di moralità, col pane avanzato ha creato piatti succulenti, buonissimi.
Ricordo la panada, oppure la pappa al pomodoro e, ancora, nell’Alto mantovano, i capunsei. Questo è un piatto davanti al quale uno sgrana gli occhi, letteralmente, prima di goderselo tutto, magari bevendo un Lambrusco o un vino bianco robusto come il vicino Lugana (da uve turbiana, varietà di trebbiano, sublimate dalla cantina la Perla del Garda di Lonato).
A Volta Mantovana i capunsei hanno addirittura la De.Co. (denominazine comunale).
Quale sia l’origine di questo piatto è difficile dirlo con precisione. Secondo alcuni, i capunsei sarebbero stati portati a Cereta, frazione di Volta Mantovana, da migranti tirolesi o forse anche austriaci, stanziatisi nella piccola borgata detta Tirolo (e in effetti hanno parentela con un altro piatto degli Avanzi che sono i canederli). Così si sostanzierebbe l’ipotesi dei capunsei come contaminazione dei canederli o anche degli knödel altoatesini. Si è anche pensato a collegamenti con i Cimbri, accasati nella vicina provincia di Verona.
Occorre poi notare che piatti in parte simili si trovano in molte zone dell’Italia settentrionale cominciare dal Bresciano e dall’area camuna per arrivare alla Bergamasca, al Monferrato e ad altre aree del Piemonte, del Veneto e del Friuli: preparati, magari, con l’aggiunta di ingredienti diversi, oppure serviti avvolti in foglie di verza o altro (qui si chiamano capunet, mentre la versione con le erbe di campo e la ricotta è quella dei rabaton).



I capunsei rappresentano però, prima di tutto, la classica ricetta mutuata dall’antica tradizione del recupero tipica della mentalità contadina: si utilizza il pane avanzato nei giorni precedenti, che una volta secco, sarà grattugiato. Dopo aver aggiunto noce moscata e sale, si versa del burro fuso per impregnare il pane e si procede con l’aggiunta di qualche mestolo di brodo di gallina. Bisogna impastare il tutto con uova e formaggio grattugiato fino a ottenere una palla liscia che si lascia riposare per un paio d’ore. Da qui si ottengono i dischi da lavorare fino a ottenere piccoli cilindri: i capunsei.
Non resta che lasciarli cuocere nel brodo, conditi solo con una spolverata di formaggio. Sono semplici da realizzare e sono una delle ricette di febbraio del libro per la famiglia Adesso. Provateli!

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