Dopo le polemiche dei giorni scorsi riguardo l’iniziativa di far pagare il canone Rai anche a imprenditori e liberi professionisti in possesso di computer, smartphone e tablet, oggi l’azienda di viale Mazzini fa marcia indietro e, attraverso una nota emessa poche ore fa, precisa che «la Rai non ha mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer». Dopo un confronto con il ministero dello Sviluppo, la Rai ha anche sottolineato che «la lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai si riferisce al canone speciale dovuto nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori, fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, società ed enti» abbiano già provveduto al pagamento di uno o più televisori. «Ciò quindi – aggiunge la Rai – limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster (Bbc) che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone. Si ribadisce pertanto – conclude la nota – che in Italia il canone ordinario deve essere pagato solo per il possesso di un televisore». Anche nella giornata di ieri l’azienda di viale Mazzini aveva chiarito che «le lettere inviate non si riferiscono al canone ordinario (relativo alla detenzione dell’apparecchio da parte delle famiglie) ma si riferiscono specificamente al cosiddetto canone speciale, cioè quello relativo a chiunque detenga – fuori dall’ambito familiare (es. imprese, società, uffici) – uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezioni di trasmissioni radiotelevisive». Dopo le proteste di ieri, quindi, balzate dal popolo del web e da tutto il mondo politico, dal Popolo della Libertà fino al Partito Democratico, la questione sembra finalmente risolta, anche se rimarrà l’obbligo di pagamento del canone Rai solo per una stretta minoranza composta da apparecchi adattati alla ricezione effettiva dei canali televisivi. D’altro canto, come si legge anche in un recente articolo de La Stampa, la decisione presa nei giorni scorsi dalla Rai si rifaceva a un Regio Decreto del 1938, che all’articolo 1 recita: «Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto. 



La presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l’impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l’utenza di un apparecchio radioricevente». Appare quindi chiaro che in un’era come questa dominata dai vari tablet, smartphone e computer portatili, una normativa del genere risulta fin troppo superata.

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