Marò arrestati in India, ostaggi uccisi in Nigeria. E’ polemica sui servizi di intelligence italiani che non avrebbero svolto in modo adeguato il loro lavoro. Qual è stato il loro ruolo in entrambe le vicende? Perché si parla di lati oscuri? Non sono polemiche nuove, queste, anzi: in ogni caso internazionale o anche nazionale che risulti contraddittorio, è veloce il passo che porta a puntare il dito sull’intelligence di casa nostra. “E’ necessario che la nostra intelligence riferisca al Copasir quanto è accaduto e che il ministro Terzi riferisca al più presto in Parlamento” ha chiesto oggi ad esempio Felice Belisario dell’Italia dei valori e membro stesso del Copasir. Già fissata per domani l’audizione con il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica del generale Adriano Santini, direttore di Aise, il nostro servizio segreto. Per Paolo Guzzanti, contattato da IlSussidiario.net, già presidente della Commissione di inchiesta Mitrokhin, è tutto molto semplice: “I nostri servizi segreti non esistono. L’intelligence è un oggetto sconosciuto ai nostri servizi”. A capo dei quali, ci ha detto, ci sono funzionari di questura, militari abituati a dire signor sì e signor no e a guidare un carro armato.

Guzzanti, i recenti casi dei marò arrestati in India e quello degli ostaggi uccisi in Nigeria stanno provocando polemiche sui nostri servizi di intelligence. Che ne pensa?

Penso che i nostri servizi segreti non esistono. Hanno messo alla testa di questa intelligence dei poliziotti, i quali sono dei bravissimi poliziotti, ma vengono dalla polizia. Non conoscono il significato della parola intelligence.

Siamo a questo punto? Davvero?

L’intelligence è un oggetto sconosciuto ai nostri servizi segreti ma questo accade ormai da molti anni. Questo vuol dire che di fronte a situazioni che richiedono intelligence, cioè l’intelligenza di capire ciò che accade e la capacità di prevederlo, sanno soltanto opporre delle schemi che sono tipici del polizia.

Per questo forse succedono situazioni di cattiva collaborazione fra le varie intelligence, come sembra sia successo nel caso della Nigeria?

Non voglio accusare nessuno in particolare, ma questa situazione è una cosa che ci rende figli di un dio minore di fronte agli inglesi che hanno la più grande tradizione di intelligence in Europa. E poi di fronte agli americani o ai russi. Siamo completamente sguarniti perché non c’è nessuno che sappia fare un lavoro di intelligence che non è spionaggio e che non significa operazioni militari, ma è quella cosa per cui si tratta di una scienza separata e questo purtroppo è un guaio.

Può anche essere un caso, questo cattivo funzionamento, di un rapporto non sano con le istituzioni, con la politica?

Non lo so come siano oggi i rapporti, non mi metto in alcuna polemica. Storicamente è un fatto che la testa dei servizi è sempre stata data da chi era in quel momento al governo anche perché così vuole la nostra legge. Non è mica una invenzione: è concepita così male questa legge, in modo che ogni presidente del consiglio se crede insedia i suoi uomini i quali hanno come prospettiva di carriera quella di servire nel senso nobile del termine, ma comunque di meritare la fiducia di chi gli ha dato il posto di lavoro. In tal modo i servizi segreti diventano una fureria infinita di gente che sta nei servizi per raccomandazione, perché si guadagna di più, per parentela. Ci sono interi clan familiari dentro i nostri servizi segreti, delle dinastie: tutto a scapito della qualità.

Una cosa tutta italiana?

Ma senz’altro: gli scontri con la classe politica non dovrebbero neanche essere concepiti. In Inghilterra nessuno si sognerebbe mai di sollevare un contrasto con il numero 10 di Downing Street. Sarebbe impensabile.

C’è chi dice però che i servizi segreti stiano diventando un capro espiatorio per nascondere le colpe del governo in questi due episodi.

La responsabilità è sempre della politica, che vorrebbe avere l’ultima parola ed è sempre responsabile. Ciò che fanno i servizi segreti va sempre ascritto a una responsabilità politica perché così vige in Italia.

Cioè?

Quando feci il presidente della Commissione Mitrokhin, imparai che sulla busta paga degli uomini di quelli che allora erano Sisme e Sisde non c’è scritto “servizio segreto”.

Cosa c’è scritto?

C’è scritto “Presidenza del consiglio dei ministri”. Questa è l’intestazione della busta paga di qualunque agente, perché dipendono direttamente dal Presidente del consiglio e quindi dal governo, e quindi la responsabilità politica è sempre inevitabilmente del governo in carica. Poi certo, si gioca allo scarica barile da tutte e due le parti, ma questo fa parte di un equivoco di fondo.

Quale? 

Che in Italia la struttura e la carriera del servizio segreto è una parte della politica e non della professionalità e questo nei momenti di crisi si vede. All’estero i nostri servizi sono considerati del tutto minori, non all’altezza, e questo con bravissima gente come Calipari che ci rimette pure la pelle. Ma sempre come servizio di qualità infima.

Perché manca la vera intelligence?

Perché manca la parte di intelligence. Se uno legge le carriere dei quadri dei servizi sono carriere puramente militari, di gente abituata a guidare i carri armati e a dire signor sì e signor no. Oppure vengono da quadri della polizia gente che ha fatto carriera prefettizie di questura che possono sfornare eccellenti funzionari, ma non eccellenti uomini di intelligence. E questo all’estero lo sanno benissimo e nel migliore dei casi ci considerano di serie B.