Brescia, un marocchino di vent’anni, residente nel nostro Paese da quando ne aveva sei, è stato arrestato con l’accusa di preparare atti di terrorismo. In particolare, sul suo computer sono stati trovati studi e informazioni che hanno fatto pensare stesse preparando un attentato alla sinagoga ebraica di Milano. Il giovane era poi in contatto tramite Internet con diversi siti appartenenti alla rete fondamentalista islamica e aveva aperto alcune pagine su Facebook dove insegnava a preparare esplosivo con attrezzature casalinghe. Il suo arresto è stato portato a termine in collaborazione con i servizi inglesi e americani che contemporaneamente arrestavano in Inghilterra una donna con cui il giovane era in contatto. Di questa vicenda colpisce che, come già avvenuto in casi analoghi, ad esempio i terroristi che fecero saltare in aria la metropolitana londinese, non si tratti di uno straniero, ma di una persona praticamente nata in Italia. Di questa particolarità e di quanto funzioni o meno l’integrazione nel nostro Paese, IlSussidiario.net ha chiesto un parere a Giancarlo Blangiardo, Docente di Demografia all’Università Bicocca di Milano: “Il fatto che una persona sia nata qui eda noi sia cresciuta e abbia socializzato” ci ha detto “non la rende immune dal portar avanti le proprie crociate personali oppure l’affermazione di alcuni principi che evidentemente qualcuno gli ha piazzato in testa”.



Secondo Blangiardo, il giovane marocchino anche se cresciuto in Italia fin dalla tenera età, non è indenne dal cadere in certe situazioni. “L’esperienza inglese o anche quelle di altri Paesi fanno capire che il processo di integrazione nel vero senso della parola, cioè l’acquisizione di una persona in un sistema come può essere la nostra società, non è una roba così immediata e soprattutto bisogna tenere conto che personalità sballate ci sono tra gli stranieri e gli italiani”. Quello di oggi, aggiunge, è un episodio che preoccupa, ma non deve essere trasformato in una generalizzazione per cui pensare che tutti i giovani stranieri hanno intenzioni sovversive o sono qui per modificare l’ordine del nostro sistema: “Non dobbiamo giocarcela in questi termini” spiega. C’è poi un secondo aspetto: “Se andiamo a vedere le argomentazioni dei soggetti come quello arrestato oggi a Brescia, probabilmente senza voler fare accostamenti strani però è facile immaginare che siano le stesse che avevano ad esempio i membri delle Brigate Rosse: gente giovane che ha la testa calda e che sicuramente qualcuno ha plagiato perché non è che ci si sveglia alla mattina intenzionati a compiere atti terroristici”. C’è dunque evidentemente dietro a queste persone – ed è quello va colpito con un grosso impegno -, “una qualche ideologia e organizzazione fatta da adulti o comunque soggetti che hanno in mente un piano ben preciso e che strumentalizzarono questi giovani perché sono quelli più malleabili rispetto a certe idee”.



Per Blangiardo, in conclusione, l’episodio di oggi non deve essere drammatizzato: “Ma dobbiamo comunque stare attenti. Attiviamo chi di dovere cioè le forze di sicurezza, non generalizziamo, seguiamo la cosa con attenzione, non abbassiamo la guardia rendendoci conto che in momenti di crisi soprattutto viene fuori la testa calda che fa la boiata e poi la gente innocente viene a pagare”.

È altresì importante, conclude Blangiardo, che persone psicologicamente deboli che possono essere non solo stranieri, ma anche giovani italiani, che erano dei bravi ragazzi e poi per mille ragioni diventano la cosiddetta testa matta, non siano isolate. “Questo vale” spiega “molto di più quando abbiamo a che fare con un popolo con un formazione culturale e idee diverse dalle nostre, che sono più facilmente plasmabili. Bisogna evitare l’esclusione sociale soprattutto nei riguardo dei giovani cercando di capire il mondo giovanile, in particolare quello dell’immigrazione cercando di orientarne e valorizzarne le capacità che ci sono sicuramente”.