A me gli analisti stanno sullo stomaco, come un pranzo pesante che non riesci a digerire. Certi analisti dell’ultima ora poi hanno l’aria cinica di chi, con la pancia piena, sta sulla riva del fiume a guardare un mondo che va in rovina. E loro no, aurea consolazione.
Questo m’hanno fatto pensare le dichiarazioni di un gastronomo che su un quotidiano, l’altro giorno, ha scoperto che i ristoranti sono in crisi e non tirano più come un tempo. Vabbé, la dichiarazione ci sta, anche se tardiva, ma dichiarare alla fine dell’intervista, che lui sconsiglia di acquistare le guide perché costano quanto un pranzo, è proprio mettersi sul fiume satolli sperando che tutto il mondo, di cui s’è nutrito, vada in malora. Quel gastronomo, poi si scopre, di guide non ne fa più, da un pezzo, e quindi tutto ciò che non rientra nel suo orizzonte, merita il baratro. Che tristezza questa miopia umana! La GuidaCriticaGolosa che da vent’anni firmo con Marco Gatti, costa 21 euro: fossero così i prezzi del pranzi in osteria! Quella su iPhone e iPad ancora di meno (7,99), quasi come una colazione o il break di mezzodì e ogni giorno viene aggiornata: con le chiusure (anche ieri ne è arrivata una) e con le novità, che molto spesso rappresentano la ristorazione che ce la farà, quella del futuro, capace di sposare qualità e prezzi adeguati. E locali come questi, credeteci, sono sempre pieni di gente.



È passata una settimana da quando sono stato nel locale che vado a raccontarvi e ancora non riesco a togliermelo dalla mente, come quando uno s’innamora. Questo locale nasce come macelleria e sta nella fila di negozi dei Bellinzago Lombardo, e di preciso a Inzago. Si chiama Macelleria Motta (via Matteotti, 8 – tel. 029549220) e quando entri vedi subito un angolo con le mezzene appese, i tagli di carne esposti e poi la griglia. Nella prima sala ci sono due tavolini, ambitissimi; dietro le due sale: quella riservata per cene di lavoro e quella ampia dove girano ragazzi giovanissimi e preparatissimi, con il sorriso. Su tutto sovrintende Sergio Motta, che ha in affitto questa casa a corte dove col bel tempo si mangia fuori. Sergio è un ragazzo d’oro e penso alla consolazione di suo papà, che imperterrito lavora con lui. Quando era ragazzino passava le ore a osservare gli animali e quando il papà faceva un viaggio nel Monferrato in cerca dei capi migliori di razza bovina piemontese lui non voleva mancare. Una vita affascinante quella del macellaio, ma che non può più essere quella di ieri.



Il macellaio del futuro è un posto come questo, un orgoglio di locale, dove ti siedi, ordini una buona bottiglia di vino e vieni a contatto con un mestiere. All’ingresso c’è un video, dove si vede Sergio con sua moglie e col suo bambino più piccolo che accarezza un bue. Mi ha impressionato vedere la forza di una tradizione che si trasmette. E poi cogliere una passione: dal sorriso, dall’entusiasmo di tutto il personale, dalla creatività di Sergio. Mercoledì scorso il locale era pieno di gente e credo lo sia ogni sera. Ecco, uno così vince; ma per uno così non si può essere dei cinici analisti di una crisi: bisogna sostenerlo, perché qui c’è il futuro di un mestiere italiano e anche il quid di un’economia. Un locale come la macelleria Motta, faccino radioso della nostra Guida, dovrebbe essere a Moncalvo, a Greve in Chianti e a Carrù. E invece è sorto qui, in questo paese dopo Pioltello, alla periferia di Milano, dove si sono conservate le tradizioni.
Il menu è vario e imperdibile: la piramide di carne cruda, con tre interpretazioni. Quindi i cubi di polpa di bue, il prosciutto di manzo, servito come aperitivo. In carta, nella categoria del “quinto quarto”, spicca la scaloppa di fegato di bue grasso, mentre tra i “piatti al camino” ecco il costato di bue piemontese cotto alla brace, il bisteccone della coscia frollato minimo 40 giorni. Superba la pancia di vitello cotta a bassa temperatura e scottata in padella con barba di frate. Anche in questa stagione non mancano i must della cucina lombarda: la cassoeula e la trippa, la cotoletta alla milanese, l’ossobuco di bue e il “nostro bollito”. È uno dei posti più belli d’Italia, detto da uno che si chiama Paolo, come mio nonno che di mestiere faceva il macellaio… nel Monferrato.

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